Valida la PEC per depositare impugnazioni penali ? Commento a Cassazione sezione III penale, sentenza 11 luglio 2017 (dep. 8 novembre 2017), n. 50932

13-12-2017 20:09 -

Con una recente sentenza , pubblicata in data 7 novembre 2017, la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell´applicabilità nel procedimento penale delle normative di recente introduzione sul processo telematico compreso l´utilizzo della posta elettronica certificata in luogo della raccomandata a mezzo posta tradizionale.
Va chiarito che le norme sul processo telematico e sull´uso della PEC sono ormai applicate da anni tanto nel procedimento civile che nel procedimento amministrativo, seppure con specifiche tecniche e procedimentali diverse.
Nel procedimento penale invece non si rintraccia una specifica disciplina normativa per il processo telematico , anche in relazione, all´eventuale accesso da remoto per l´avvocato ai registri di cancelleria, ma neppure , soprattutto dopo la pronuncia in commento, può dirsi valida e sostituibile la tradizionale posta ordinaria con la posta elettronica certificata.
E´ noto il principio in base al quale nel procedimento penale per tutti gli atti di impugnazione sono estese le forme di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p., tra cui la presentazione per mezzo di incaricato e, quindi, anche per il tramite del servizio postale (Sez. 5, n. 35361 del 06/07/2010 - dep. 30/09/2010, Cheng, Rv. 248876; Sez. 4, n. 9603 del 18/02/2016 - dep. 08/03/2016, Filice, Rv. 266302).
La previsione specifica di cui all´art.583 c.p.p. di poter presentare un´impugnazione anche a mezzo telegramma o con "atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria " aveva dato origine all´ipotesi di sostituire la raccomandata tradizionale con la posta elettronica certificata.
Il caso in questione era stato originato dall´inoltro di una opposizione avverso decreto penale di condanna a mezzo pec e specificamente utilizzando la posta elettronica certificata del difensore costituito come mittente e la casella di posta elettronica certificata del G.I.P. che aveva emesso il decreto penale come destinatario.
Nel ricorso per cassazione avverso l´ordinanza di inammissibilità, pronunciata dal Tribunale, della opposizione così proposta il ricorso risultava proprio articolato, in buona sostanza, con la motivazione sopra riassunta vale a dire sul fatto che trattandosi di un atto di impugnazione, quello della opposizione avverso il decreto penale di condanna, trovava applicazione la normativa specifica delle impugnazioni ed anche la possibilità di utilizzare la raccomandata tradizionale con l´evidente possibilità per il ricorrente di utilizzare anche la Posta elettronica certificata ormai surrogato legale della tradizionale posta raccomandata.
Diverso invece è stato il parere della Suprema Corte. Questo il ragionamento seguito dal massimo giudice di legittimità.
Invero il D.L. n. 179 del 2012, convertito nella L. n. 221 del 2012, che nella graduale trasformazione del sistema processuale tradizionale dei vari settori in giustizia digitale configura il testo cardine del processo telematico, ha introdotto con l´art. 16, l´obbligatorietà delle comunicazioni e notificazioni a carico della Cancelleria in via telematica presso l´indirizzo di posta elettronica nei confronti di tutti i soggetti obbligati ex lege ad averlo e ciò sia nel processo civile dove l´obbligo concerne tutti gli atti indipendentemente dalla parte che ne sia destinataria, sia nel processo penale dove l´obbligo dell´inoltro in via telematica concerne tutte le parti diverse dall´imputato per il quale rimangono ferme le forme di comunicazione tradizionale.
Diversa è invece la situazione del deposito degli atti di parte atteso che mentre nel processo civile il procedimento di digitalizzazione, gradualmente introdotto, è sostanzialmente ormai concluso, in quello penale non è stato neppure avviato: l´art. 16 bis, ha infatti disposto che il deposito degli atti afferenti al procedimento monitorio e a quelli cd. endoprocessuali del procedimento contenzioso civile, e cioè successivi a quelli di instaurazione della controversia, debba essere obbligatoriamente effettuato in via telematica, sia pure dopo una prima fase cd. transitoria in cui il deposito telematico era previsto solo in via facoltativa, ovverosia lasciando aperta l´opzione con il deposito tradizionale in forma cartacea. Non essendo stata dettata alcuna analoga disposizione per il procedimento penale, alla parte privata non è conseguentemente consentito nel suddetto processo l´uso di tale mezzo informatico per la trasmissione dei propri atti ad altre parti nè per il deposito presso gli uffici, restando l´utilizzo della posta elettronica certificata riservato, come si è visto, alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c.p.p., e per le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall´Autorità giudiziaria, giudice o pubblico ministero che sia.

I giudici della cassazione individuano anche il vero problema oggi esistente per poter consentire un uso sistematico anche nel processo penale delle tecnologie e degli strumenti digitali già in uso in altri settori della giustizia, la mancanza giuridica di un fascicolo informatico.
L´inesistenza nel procedimento penale di un fascicolo telematico, che costituisce il necessario approdo dell´architettura digitale degli atti giudiziari, quale strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo, accessibile e consultabile da tutte le parti, rende l´atto depositato a mezzo PEC di fatto anch´esso inesistente, necessitando per essere visibile in concreto dell´attività di stampa da parte della cancelleria che dovrebbe comunque inserire il documento nel fascicolo d´ufficio, di formazione e composizione esclusivamente cartacea.
Allo stato della legislazione , concludono gli ermellini, deve quindi ritenersi che le parti private, e per esse i propri difensori, possano assumere, quanto all´utilizzo del sistema telematico, soltanto la posizione di soggetti destinatari delle comunicazioni, ma mai di soggetti agenti non essendo loro consentito, in difetto di un´esplicita norma in tal senso, effettuare comunicazioni o deposito di atti a mezzo PEC, le cui forme sono tassativamente disciplinate dal codice di procedura penale.
Esaminando le pochissime pronunce rese sul tema dalla Corte di cassazione penale, nessuna delle quali ha mai convalidato l´uso della PEC, si trae conferma del principio generale testè affermato essendo stato ritenuto inammissibile il deposito a mezzo PEC della lista testimoniale (Sez. 3, n. 6883 del 26/10/2016 - dep. 14/02/2017, Manzi, Rv. 269197), dell´istanza di remissione in termini (Sez.1, n.18235 del 28/1/2015 - dep. 30/4/2015, Livisanu, Rv. 263189), di memorie difensive nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione (Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016 - dep. 17/11/2016, Cacciatore, Rv. 268192 in cui viene puntualizzato che per la fase di impugnazione innanzi alla Corte Suprema non è estesa al giudizio penale neppure la facoltà di deposito telematico - prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in L. n. 221 del 2012 - delle sole istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite) ed infine dello stesso ricorso per cassazione avverso il provvedimento di revoca dell´ammissione al gratuito patrocinio (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016 - dep. 05/05/2016, Mandato, Rv. 266931).
Bisogna sottolineare come in realtà parte delle Sezioni Civili della Corte di Cassazione vi è una sentenza nella quale si afferma che nei procedimenti contenziosi antecedenti alla modifica del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, che ha previsto il deposito degli atti in via telematica come obbligatorio, il deposito per via telematica, anzichè con modalità cartacee, dell´atto introduttivo del giudizio, ivi compreso l´atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, non dà luogo ad una nullità della costituzione dell´attore, ma ad una mera irregolarità, sicchè ove l´atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell´ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, deve reputarsi comunque integrato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l´ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti. (Sez. 2, Sentenza n. 9772 del 12/05/2016, Rv. 639888 - 01). Trattasi tuttavia di una decisione che si inserisce nell´ambito di uno peculiare quadro normativo in cui era già stato previsto, nell´ottica di una disciplina transitoria che, improntata a gradualità, facilitasse il passaggio alla regolamentazione del sistema digitale a pieno regime, il deposito telematico degli atti dei difensori delle parti già costituite, limitato perciò ai soli atti endoprocessuali, così come della procura alle liti conferita su supporto cartaceo che già il codice di rito consentiva, per effetto del novellato art. 83 c.p.c., al difensore, che si fosse costituito attraverso strumenti telematici, di trasmettere attraverso la copia informatica autenticata con firma digitale: conseguentemente in un sistema digitale già avviato comunque con la costituzione del fascicolo telematico già formalizzata e con il deposito obbligatorio degli atti endoprocessuali, l´errore in tal caso commesso dal difensore che aveva provveduto al deposito telematico di un atto introduttivo attraverso il quale la parte si costituisce in giudizio e non già ad esso successivo, quale va considerata l´opposizione al decreto ingiuntivo, ben può configurarsi come mera irregolarità e non trasmodare nel regime più radicale della nullità per effetto del raggiungimento dello scopo, costituito dalla conoscenza dell´atto da parte dell´ufficio giudiziario innanzi al quale la controversia è instaurata e della sua conoscibilità per le altre parti, una volta che questo "sia stato inserito nei registri informatizzati dell´ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16 bis, coma 7", senza che a tale conclusione possa costituire ostacolo la mancanza di un provvedimento ministeriale autorizzativo, riferito al singolo tribunale in cui si svolge la controversia, spettando alla normativa primaria l´individuazione degli atti per i quali opera l´abilitazione al deposito telematico.

Pertanto anche in materia di impugnazioni vige il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso, disciplinate dall´art. 583 c.p.p., in quanto si tratta di requisiti la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibilità, con la conseguenza che la presentazione dell´impugnazione con mezzi diversi da quelli previsti dalla norma è inammissibile perchè effettuata con modalità non consentita dalla legge (Sez. 1, n. 16356 del 20.3.2015, Piras, rv. 263321; Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016 - dep. 05/05/2016, cit. specificamente in tema di impugnativa proposta a mezzo PEC).
In assenza di una norma specifica che consenta nel sistema processuale penale alle parti il deposito di atti in via telematica, deve ritenersi inammissibile la presentazione dell´opposizione al decreto penale di condanna da parte del destinatario a mezzo di Posta Elettronica Certificata.
Resta quindi l´evidente paradosso per un soggetto che deve proporre una impugnazione penale di poterlo fare con una raccomandata di posta tradizionale, essendo preclusa la più moderna ed efficiente posta elettronica certificata.
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