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Contraffazione: non punibile il falso inoffensivo. Innovativa sentenza del Tribunale di SMCV

04-04-2018 20:25 - Diritto
Importante ed innovativa sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, giudice monocratico dr. Alessandro De Santis in materia di contraffazione e ricettazione.
Il caso riguardava un veditore ambulante ( difeso dall´Avv. Salvatore Piccolo proprietario di questo sito) trovato a vedere alcune fascette, di piccole dimensioni, tra i fans in fila ai cancelli per assistere al concerto di un noto cantante ( Luciano Ligabue). Le fascette riproducevano l´effige del cantante e venivano offerte in vendita, a poco prezzo, ai fans. Pacificamente dagli atti processuali emergeva che si trattava di un falso grossolano (perizia agli atti).
L´imputato rispondeva dei reati di cui all´art.474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e del reato di ricettazione (art.648 c.p.). La sentenza in commento, numero 1324/2018, si poneva in consapevole e motivato contrasto con l´orientamento più recente ( e non pacifico) della Suprema Corte in base al quale "integra il delitto di detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana , trattandosi di reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell´inganno"(Cass. Pen. Sez. II 2 maggio 2017 n.39025).
Chiariva il giudice del tribunale sammaritano, accogliendo le tesi difensive, che l´orientamento indicato non era condivisibile perché destinato ad impattare inesorabilmente con alcuni principi cardine del diritto penale.
Il primo principio in questione riguardava il principio di offensività sintetizzato dall´antico brocardo nullum crimen sine iniura. La sanzione penale è subordinata all´offesa di un bene giuridico tutelato tanto nella forma della lesione che in quella della esposizione al pericolo come nocumento potenziale. Principio di rilievo costituzionale avente origine sia nell´art13 della costituzione che nell´art. 25 comma 2 della carta . Lo stesso principio della rieducazione della pena (art. 27 comma 3 ed art 3 della costituzione) presuppone la commissione di un fatto di significativa lesività. Sotto tale profilo il principio di offensività diviene quindi un argine contro il soggettivismo penale e la colpa d´autore. Lo stesso art. 49 comma secondo c.p.( reato impossibile) laddove stabilisce la non punibilità dell´azione inidonea , afferma l´irrilevanza penale di qui comportamenti che , sebbene in apparenza conformi alla norma incriminatrice, in concreto non ledano interessi protetti.
Il principio di offensività pone seri dubbi soprattutto nei reati di pericolo, ormai diversificati per tipologia.
Mentre non si pongono rilievi giuridici apprezzabili in materia di reati di pericolo cd. concreti (es. art.422 c.p.p) poiché l´accertamento in concreto della possibilità rilevante di produrre l´evento lesivo caratterizza una seria minaccia al bene giuridico tutelato, il vero problema giuridico si pone nelle ipotesi di cd. reati di pericolo astratto. Si tratta di quelle ipotesi in cui il legislatore presuppone una valutazione del pericolo. Valutazione che anche in relazione alle conoscenze scientifiche con consente la prova effettiva della pericolosità di una condotta oppure quando vengono in rilievo beni collettivi ( come l´ambiente) che per le loro dimensioni difficilmente possono essere lesi da una singola condotta.
Ancora maggiori dubbi sorgono nelle ipotesi di cd. reati di pericolo presunto ( es. art. 423 comma 1 c.p.) laddove sarebbe possibile accertare l´effettiva configurazione del pericolo, ma il legislatore rinuncia a tale verifica, in buona sostanza punendo la mera disobbedienza dell´agente.
Venendo ai reati di falso , nel corso degli anni, la giurisprudenza si è evoluta stabilendo la natura plurioffensiva dei reati in esame : "i delitti contro la fede pubblica tutelano direttamente non solo l´interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l´atto sia destinato ad incidere concretamente" (cass. Pen. Sez. Un. 25 ottobre 2007 n.46982), la affermata plurioffensività dei reati in commento elimina il problema legato alla punibilità del reato inoffensivo e nell´ambito di tale dibattito giuridico si è fatta strada la categoria del cd. falso grossolano che deve risultare scriminato , per inidoneità dell´azione, dall´art. 49 cpomma 2 c.p. ogni volta che l´immediata riconoscibilità della falsificazione risulti evidente da parte di chiunque.
Partendo dalla concezione plurioffensiva dei reati di falso la Suprema Corte è giunta, infatti, a scriminare tutti i casi di prodotti falsi venduti a condizioni e a prezzi tali da non poter indurre in errore l´acquirente circa la loro originalità , purchè la falsità risulti percepibile ictu oculi senza necessità di particolari indagini (Cass. Pen. Sez. V 3 febbraio 2014 n.5215; cass. Pen Sez. II 3 giugno 2010 n.25073; Cass. Pen, Sez. II 15 novembre 2005 n.518) , filone giurisprudenziale in contrasto con il già citato orientamento che invece nega rilevanza al falso grossolano e che il Tribunale di S.M.C.V. apertamente contrasta.
Si tratta infatti di un principio irragionevole anche alla luce del cd. "diritto penale minimo" ispirato ad una moderna concezione gradulistica dell´illecito , ed a guida del quale devono trascinarsi al di fuori dell´area del penalmente rilevante una serie di "microviolazioni" connotate da scarso disvalore. D´altra parte in tale direzione si è mosso anche il legislatore della recente novella dell´art.131 bis c.p. che consente di non sanzionare fatti contraddistinti da un contenuto minimo di offensività.
Sulla base di tali principi il Tribunale assolve l´imputato rilevando che la modica cifra, accertata dalla polizia giudiziaria, richiesta in cambio delle fascette 3 euro, mentre fascette analoghe "originali" venivano vendute negli stand alla cifra di 10 euro, la rilevata grossolanità del falso immediatamente percepito dagli acquirenti , la circostanza notoria della presenza di venditori occasionali di tali prodotti in prossimità delle aree adibite a concerti o anche ad eventi sportivi (partite di calcio) rappresentavano tutti aspetti di una immediata percepibilità della natura contraffatta della fascette vendute. Opinare diversamente - conclude sul punto il Tribunale - "significa applicare una draconiana risposta penalistica a fronte di fatti la cui offensività risulta del tutto evanescente , contraddicendo apertamente i principi costituzionali innanzi enuncleati in riferimento a condotte il cui esiguo disvalore già risulta adeguatamente neutralizzato attraverso il tempestivo intervento dei militari operanti".
Alla assoluzione dal reato di cui all´art.474 il Tribunale faceva poi anche conseguire l´assoluzione dal reato di ricettazione , poiché presupposto del reato è la provenienza delittuosa del bene ricettato. Pertanto non ritenendo integranta la tipicità del reato presupposto ( la contraffazione delle fascette) secondo il principio della cd. concezione realistica del reato cade anche l´ipotesi criminosa della ricettazione a causa della dissoluzione della provenienza delittuosa del bene.
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Di seguito pubblichiamo (anche nella sezione documenti) la sentenza in commento.
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