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Da oggi in vigore la "nuova" riforma del rito civile contenuta nel decreto sviluppo. Breve commento con tutte le novità

11-09-2012 21:10 - Diritto
Entra in vigore oggi la riforma del processo civile introdotta dal c.d. DL Sviluppo (decreto legge 22 giugno 2012 n. 83) coordinato con le modifiche apportate dalla legge di conversione 7 agosto 2012 n. 134, "Misure urgenti per la crescita del Paese".

Il termine riforma, da noi utilizzato, naturalmente è volutamente enfatico, ed anzi prima di analizzare le novità processuali introdotte dal provvedimento di legge occorre per prima cosa censurare la tecnica legislativa utilizzato.
E´ ormai dal 2009 che il legislatore, sia esso tecnico come quello dell´ultimo esecutivo sia esso squisitamete politico, procede nel cambio delle norme a strappi e senza un formale e radicale intervento complessivo di riforma. Eppure il sistema dei codici in tanto è valido se la relativa riforma è scritta, valutata ed applicata in maniera difforme, procedere per tappe ed a macchia di leopardo senza un filo conduttore nell´intervento di novella rappresenta una tecnica normativa, nuova e certamente criticabile. Comunque ormai dal 2009 ci troviamo a commentare di frequente interventi di rimodulazione del codice di rio civilistico che alla fine non sortiscono alcun effetto, se non quello di complicare ulteriormente le già farraginose procedure civili.

Questa volta è il momento del "filtro in appello", il tempo ci dirà quale utilità possa avere lo strumento previsto certamente in estrema sintesi sembra un complicazione ulteriore rispetto ad un diritto sacrosanto ed anche, ad avviso di chi scrive, di rilievo costituzionale: il diritto al gravame di merito.
Di che cosa si tratta? Evidentemente animato da intenti didattici, il legislatore si è spinto fino a precisare che l´atto di appello deve contenere un motivazione necessaria. Tale «motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l´indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
2) l´indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata ».
A prescindere dalla confusione lessicale compiuta dal legislatore tra motivi dell´atto di parte di impugnazione e motivazione dei provvedimenti giurisdizionali impugnati, in realtà tale indicazione rappresenta una prescrizione che deve considerarsi superflua e ripetitiva di quanto già era stabilito dal comma 1 degli articoli 342 e 434 (ora sostituiti), che, assai più correttamente sotto un profilo terminologico, stabilivano che l´atto d´appello dovesse contenere l´indicazione dei motivi specifici di impugnazione.


Venendo al merito della novella il nuovo art.342 comma 1 riscritto risulta in seguito all´applicazione della legge 134/12 (di conversione del D.L. 83/12 cd. Decreto sviluppo) è :" L´appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall´articolo 163. L´appello deve essere motivato. La motivazione dell´appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l´indicazione specifica delle parti del provvedimento che si intendono appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l´indicazione specifica delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata."


Analogamente per il rito lavoro il nuovo comma 1 dell´art.414 c.p.c. "Il ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall´articolo 414. L´appello deve essere motivato. La motivazione dell´appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l´indicazione specifica delle parti del provvedimento che si intendono appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l´indicazione specifica delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata"

A ben guardare sul punto la norma non appare essere nuova, poiché alcun appello avrebbe mai avuto possibilità di essere accolto in mancanza dell´indicazione della parte di sentenza impugnata con i specifici motivi sia in fatto che in diritto. Per principio specifico del nostro ordinamento le impugnazioni, in generale, sono soggette al generale principio devolutivo per cui l´indicazione dell´impugnazione è tassativa ed è obbligatoria, non essendo consentito al giudice di appello di riformare la sentenza impugnata d´ufficio. A ben guardare l´obbligo di motivazione altro non è che un corollario del più generale principio devolutivo, principio a tal punto fondante che a relativa specificazione appare essere ridondante rispetto all´intero istituto dell´appello.


In ogni caso sia per il caso dell´appello "non motivato necessariamente" che per il caso della prognosi infausta dell´appello viene introdotta la possibilità, con motivazione semplificata, dell´inammissibilità dell´appello.





Attenzione però: quando il gravame sia dichiarato inammissibile in base alla nuova normativa, il ricorso per Cassazione va avanzato non nei confronti del l´ordinanza pronunciata dal giudice dell´appello, ma, si legge nell´articolo 348-ter, «avverso il provvedimento di primo grado». Con un ulteriore limite. Se l´ordinanza di inammissibilità (e anche la sentenza d´appello impugnata in Cassazione, purché non riguardi uno dei casi in cui è obbligatorio l´intervento del pubblico ministero) «è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata», non sarà consentito il ricorso in Cassazione per contestare un eventuale «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»: è questo il nuovo numero 5 dell´articolo 360 del Codice di procedura civile, riscritto dal decreto legge 83, che sostituisce il motivo di ricorso, assai frequentemente dedotto in Cassazione, concernente l´«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione».
Il termine per il ricorso al giudice di legittimità decorrerà, secondo il nuovo articolo 348-ter del Codice di procedura civile, «dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell´ordinanza che dichiara l´inammissibilità». Tuttavia, molto probabilmente, il meccanismo dell´udienza-filtro porterà con una certa frequenza all´adozione di ordinanze di inammissibilità lette in udienza all´esito della camera di consiglio, tanto più che si tratta di decisioni che devono essere motivate succintamente anche con il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Questi provvedimenti non dovranno essere comunicati, perché l´articolo 176 del Codice di procedura civile dispone che le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che avrebbero dovuto comparire. Ebbene, in questo caso, non previsto dall´articolo 348-ter, il termine (lungo) per la proposizione del ricorso per Cassazione dovrebbe iniziare a decorrere già dalla data dell´udienza, appunto perché l´ordinanza di inammissibilità non dovrà essere comunicata alle parti.
La nuova normativa (così come quella sul nuovo contenuto dell´atto d´appello, su cui si veda il servizio pubblicato a fianco) si applica ai giudizi di secondo grado iniziati con il deposito del ricorso o introdotti con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto 83/2012 (ora in attesa della pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale»). Per i processi d´appello promossi con citazione (che è ordinariamente utilizzata, in mancanza di diversa indicazione, per le cause civili) viene dunque in rilievo non il momento della notifica dell´atto, ma quello (precedente) del l´istanza di notifica: segno evidente della volontà del legislatore d´urgenza di accelerare i tempi di operatività delle riforme.


Il vaglio dell´ammissibilità dell´appello , originariamente affidato nel D.L. poi modificato sul punto ad una speciale sezione giurisdizionale, viene affidato ad una udienza filtro con la partecipazione necessaria delle parti. Filtro di ammissibilità che non trova applicazione:
1) se l´appello deve essere dichiarato inammissibile o improcedibile con sentenza;
2) ove l´appello sia proposto avverso un´ordinanza resa all´esito del procedimento sommario di cognizione.

Resta da valutare il corretto significato della prognosi infausta che il legislatore chiama "ragionevole probabilità" di (in-) successo dell´appello. Il richiamo a termini probabilistici farebbe presumere la volontà di abbandonarsi ad un giudizio statistico, magari avendo cura di verificare per casi simili, l´orientamento della Corte. Sul punto prudenza vuole che per un migliore giudizio si verifichino le prime applicazioni dell´istituto


Ulteriore profilo di riforma riguarda l´indicazione del divieto di nuove prove in appello" non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa a essa non imputabile» (così il primo periodo del comma 3 dell´articolo 345 del Cpc, dal quale sono state espunte le parole «che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero»);
dall´altro lato, «sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa a essa non imputabile» (così il secondo periodo dell´articolo 702-quater, ove la parola «rilevanti » è stata sostituita con «indispensabili»).

stando alla lettera del nuovo articolo 345, comma 3, il giudice d´appello non potrebbe mai ammettere nuovi mezzi di prova, neppure ove questi siano «indispensabili», salvo che la parte dimostri di non averli potuti proporre o produrre nel giudizio di primo grado. L´assurdità di questa conclusione è palese: il giudice dell´appello, infatti, ove accolga l´impugnazione e ritenga che sia erroneo l´accertamento di fatto compiuto dal giudice di primo grado ovvero che le disposizioni di diritto applicabili nella specie siano diverse da quelle applicate in prime cure e richiedano nuovi accertamenti di fatto, si troverà inevitabilmente nella necessità di rinnovare l´istruzione e di ammettere nuovi mezzi di prova.

In questa prospettiva, pertanto, deve concludersi che la riforma dell´articolo 345 sia soltanto "di facciata", ma all´atto applicativo il giudice dell´appello possa e debba continuare ad ammettere i nuovi mezzi di prova indispensabili per la decisione: opinare diversamente, infatti, significherebbe che il giudice dell´appello dovrebbe limitarsi a pronunciare sull´erroneità dell´operato del primo giudice, senza poter però rimediare agli errori compiuti da questi, il che si risolve in un assurdo logico, prima ancora che giuridico;


Di minore rilievo, ma comunque da segnalare, sono delle modifiche per quanto la procedura da seguire per conseguire il risarcimento in seguito a lungaggini giudiziarie (cd. Legge Pinto) :decide un giudice monocratico di Corte d´appello con una procedura modellata su quella del decreto ingiuntivo. L´importo dell´indennizzo va da 1.500 euro per ogni anno o frazione di anno superiore a sei mesi che eccede il termine di ragionevole durata. Il processo sfora i termini di ragionevole durata quando supera i sei anni (tre anni in primo grado, due in secondo e uno nel giudizio di legittimità). La domanda si può proporre entro sei mesi dalla sentenza definitiva.


In materia fallimentare aumentano gli strumenti per affrontare le crisi aziendali. In primo luogo l´imprenditore può proporre il ricorso per l´ammissione alla procedura di concordato e solo in seguito presentare la proposta, il piano e la documentazione. Inoltre, debutta il piano di concordato che prevede la continuità aziendale. Poi, nella domanda di accesso al concordato, l´imprenditore può chiedere di essere autorizzato a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione. Commette reato il professionista che, nelle relazioni o attestazioni relative alle procedure concorsuali, dà informazioni false oppure omette informazioni rilevanti. Previste la reclusione da due a cinque anni e la multa da 50mila a 100mila euro


Il testo della decreto legge come convertito con la legge n.134/12 è consultabile al seguente link


Mentre nella sezione documenti di questo sito è scaricabile in pdf il solo decreto sviluppo ancora non coordinato con legge din converzione
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