16 Aprile 2024
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TAR CAMPANIA: il potere di revocare licenze ed autorizzazioni per motivi sopraggiunti trova limiti nell´affidamento legittimo del beneficiario
Il caso di una guardia giurata che aveva ricevuto la revoca della licenza di porto d´armi e di guardia giurata

17-01-2015 16:43 - Diritto
Con la sentenza in commento il TAR della Campania interviene risolvendo una questione giuridica rilevante con importanti risolventi pratici. Il caso era il seguente. Il ricorrente, difeso innanzi al Tribunale Amministrativo napoletano dallo studio dell´Avv. Salvatore Piccolo (titolare di questo sito), alle dipendenze, in qualità di socio lavoratore, di un Istituto di Vigilanza Privata, impugnava il provvedimento con il quale la Prefettura di Caserta gli ha revocato, con decorrenza immediata, il decreto di Guardia Giurata particolare nonché la licenza di porto di pistola.

Come conseguenza della revoca delle autorizzazioni amministrative prefettizie di porto d´armi e di autorizzazione all´esercizio di guardia giurata l´istituto di vigilanza dove prestava servizio il ricorrente procedeva all´immediato licenziamento della guardia giurata alla quale la prefettura provvedeva al ritiro del porto d´armi e della licenza all´esercizio di guardia giurata.

L´Autorità Amministrativa aveva motivato il drastico provvedimento per il fatto che il ricorrente aveva riportato un decreto penale di condanna per una ipotesi di reato "minore" collegata all´aver perso la propria arma durante una battuta di caccia.
II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di diritto:

a) violazione e falsa applicazione dell´art. 10 bis e dell´art. 21 quinques e ss. della l. n. 241/1990;

b) eccesso di potere per difetto di motivazione e d´istruttoria, contraddittorietà e illogicità della motivazione, travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà e sviamento dell´azione amministrativa, contrasto con i precedenti, violazione dei principi d´imparzialità, ragionevolezza e buon andamento dell´azione amministrativa nonché del principio del giusto procedimento.

Il giudizio di merito veniva preceduto dalla sospensiva che veniva accolta, a distanza di qualche mese il TAR napoletano fissava l´udienza di merito ed emetteva la sentenza in commento che accogliendo, in pieno, il ricorso stabiliva anche l´importante principio di diritto che merita un doveroso approfondimento.

Nella motivazione, che in uno alla sentenza (n.6132/2014 emessa in data 27/11/2014) è pubblicata nella sezione documenti di questo sito , il Tribunale amministrativo chiarisce i principi di diritto che hanno portato all´accoglimento del ricorso con il conseguente definitivo annullamento anche del licenziamento che l´istituto di vigilanza aveva disposto.
L´episodio al quale si fa riferimento nel decreto di revoca -per il quale pende il procedimento penale, essendo il citato decreto stato opposto-, risale all´anno -OMISSIS- ed è, pertanto, privo del requisito di attualità, si legge nella sentenza.
Invero, dopo il suo verificarsi, il ricorrente ha continuato a svolgere l´attività di guardia giurata ottenendo ben due rinnovi delle licenze di polizia, rilasciate nonostante fosse nota la pendenza di detto procedimento e, addirittura, da ultimo, in data 23.01.2014, successivamente all´emissione del decreto di condanna.

Trattasi, peraltro, di un reato di natura contravvenzionale, punito, proprio per la tenuità del fatto, con un´esigua pena pecuniaria (ammenda per €. 111,00, sospesa), non attinente allo svolgimento dell´attività lavorativa (il ricorrente non ha denunciato tempestivamente lo smarrimento del fucile da caccia, ottemperando all´obbligo solo con alcuni giorni di ritardo) e che, come tale, pur affievolendo il requisito dell´affidabilità, ragionevolmente non incide negativamente e definitivamente sul mantenimento del requisito tanto da consentire di formulare un sicuro giudizio prognostico su possibili futuri abusi, in relazione alla pericolosità dell´attività e alla delicatezza degli interessi pubblici coinvolti, e da costituire, in conclusione, motivo ostativo allo svolgimento della professione.

Ora, chiariscono i giudici partenopei, "a norma all´art. 138 del T.U.L.P.S., le guardie particolari giurate devono possedere, tra gli altri requisiti, quello dell´assenza di condanne per delitti ed essere persona di ottima (rectius buona) condotta morale" (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 15.03.2010, n. 2225); nel caso di specie, il reato è contravvenzionale.

"La buona condotta, che l´art. 138 R.D. n. 773 del 1933 (TULPS) eleva a presupposto per l´emissione del decreto di nomina a guardia giurata, è nozione di ampia latitudine, che investe nel suo complesso lo stile di vita del soggetto nei cui confronti deve essere accertata e va valutata con un approccio finalistico al tipo di autorizzazione o abilitazione che deve essere rilasciata. La valutazione di segno negativo in ordine al possesso di detto requisito deve, in ogni caso, collegarsi a fatti e circostanze che per la loro gravità, la reiterazione nel tempo, l´idoneità a coinvolgere l´intera vita familiare, sociale e di relazione dell´interessato vengano ad incidere su un piano di effettività sul grado di moralità e sull´assenza di mende ordinariamente esigibili per potere aspirare la rilascio della licenza di polizia" (Cons. di St., sez. III, 9.06.2014, n. 2907).

Tanto premesso, affermava il TAR, la motivazione posta a base del provvedimento di revoca del decreto di nomina a guardia giurata e della licenza del porto di pistola gravato, non appare, da sola, idonea, in termini di ragionevolezza, a supportare il ritiro delle licenze di polizia in quanto non fondata su concreti elementi d´indubitabile valenza.

Se, infatti, è vero che "in materia di valutazione circa la sussistenza dei requisiti di buona condotta necessari per ottenere la nomina a guardia particolare giurata, l´Amministrazione dell´interno dispone di ampi poteri discrezionali: la necessità di garantire l´ordine e la sicurezza pubblica impone invero a chi aspira di rivestire tale qualifica di avere una condotta irreprensibile e immune da censure; ed impone soprattutto di offrire completa garanzia in ordine al corretto uso delle armi; tuttavia per ciò che concerne in particolare quest´ultimo profilo, quando il destinatario del provvedimento è una guardia particolare giurata, l´Autorità amministrativa, nell´esercizio della propria ampia discrezionalità, deve tener conto del fatto che l´eventuale revoca dei titoli abilitativi può incidere sulla capacità lavorativa dell´interessato e quindi sulla sua possibilità di produrre reddito e di reperire risorse per il sostentamento proprio e della propria famiglia; di conseguenza in tal caso occorre che il provvedimento sia sorretto da una motivazione più rigorosa rispetto a quella che potrebbe invece adeguatamente suffragare analoghi provvedimenti in materia di armi emanati nei confronti di soggetti che non svolgono tale attività professionale" (T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 11 luglio 2014 n. 1220).

Non può non osservarsi, infine - concludeva il TAR di Napoli -, che il provvedimento di revoca si stato adottato in carenza dei presupposti legislativamente codificati dall´art. 21 quinques della l. n. 241/1990, non ravvisandosi la sopravvenienza di fatti decisivi tali da giustificare una nuova valutazione dell´interesse pubblico rispetto al giudizio prognostico già espresso, circa un mese prima dalla comunicazione di avvio del procedimento finalizzato al ritiro delle autorizzazioni di polizia, sulla base della medesima situazione di fatto conosciuta (deferimento all´autorità giudiziaria) e conoscibile (intervenuto decreto di condanna, non definitivo) in occasione dei precedenti rinnovi.

Il provvedimento di secondo grado, proprio in quanto incidente su posizioni di diritto consolidate, necessita di una puntuale motivazione sia in ordine all´effettuata comparazione tra gli interessi pubblico e privato che all´accertata prevalenza del primo, tale da giustificare un apprezzabile sacrificio del privato.

Da tale ragionamento il Tribunale amministrativo enunciava l´importante principio di diritto già convalidato dal Consiglio di Stato ed invocato dal ricorrente:

"In presenza di provvedimenti favorevoli per il privato, e in mancanza di accertamenti di illegittimità giudiziali, l´Amministrazione che voglia rivedere le proprie determinazioni deve farlo, per salvaguardare il principio di affidamento del privato, mediante l´esercizio dei poteri di autotutela che sono sottoposti al rispetto di precisi presupposti (art. 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241)" (Cons. di St., sez. VI, 14.10.2014, n. 5092). In altri termini, "il provvedimento amministrativo con cui l´Amministrazione comunica la revoca di una propria precedente determinazione, deve scontare i limiti e i presupposti propri che perimetrano l´esercizio del relativo potere, mediante esplicitazione delle sottese ragioni d´interesse pubblico e tenendo conto degli interessi del destinatario" (T.A.R. Molise, Campobasso, sez. I, 17 aprile 2014 n. 257).

In altre e più chiare parole il principio afferma che in materia di autorizzazioni e licenze emesse in favore di un provato da parte di una pubblica amministrazione una volta, appunto, concesso il provvedimento amministrativo autorizzativo richiesto anche in fase di rinnovo l´eventuale revoca deve essere sorretta da una motivazione che tenga conto di sopraggiunti fatti e circostanze tali da poter limitare per motivi connessi all´ordine pubblico piuttosto che al buon andamento della P.A. il legittimo affidamento fatto dal beneficiario dell´autorizzazione.

Come si comprende il principio è idoneo a perimetrare il cd. "potere discrezionale" tipico della pubblica amministrazione indicando insormontabili paletti quali la fondata sopravvenienza di fatti nuovi e l´incidenza di tali fatti nuovi sull´ordine pubblico oltre alla considerazione che l´eventuale revoca di un provvedimento autorizzativo deve tener conto anche dell´affidamento legittimo radicatosi nella sfera giuridica del beneficiario soprattutto quanto questi , in virtù dell´autorizzazione ottenuto, abbia fondato la propria attività lavorativa.

In ultimo deve anche sottolinearsi come la sentenza appena commentata contiene anche un ulteriore applicazione di innovative norme di diritto.

Ai sensi dell´art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, il TAR nel dispositivo della sentenza ha stabilito di dover procedere all´oscuramento delle generalità dei dati identificativi del ricorrente, con la conseguenza che , come si può verificare leggendo la sentenza, i dati identificativi del ricorrente sono completamente oscurati e lo saranno anche in un´eventuale giudizio. La norma è talmente rigoroso che neppure il difensore del ricorrente può conseguire una copia della sentenza con gli estremi del ricorrente. Una norma giusta che applicata rende ancora migliore il buon esito della lite.

Studio Legale Piccolo - Riproduzione Riservata


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