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Analisi della riforma della Giustizia proposta dal Governo.

02-08-2021 23:39 - Diritto
E’ ormai approdato in aula il disegno di legge che ha come obbiettivo la velocizzazione dei tempi della giustizia penale. Una riforma che è requisito indispensabile per accedere ai fondi europei per il recovery found. La riforma proposta dal Governo attraverso il ministro della Giustizia, Marta Cartabia già presidente della Corte Costituzionale, si compone di 2 articoli: l’articolo 1 prevede una serie di deleghe al Governo, che dovranno essere esercitate entro un anno dall’entrata in vigore della legge; l’articolo 2 contiene novelle al codice penale e al codice di procedura penale, immediatamente in vigore. Prima di analizzare il testo nel dettaglio non possiamo che sottolineare come la riforma che pure propone istituti nuovi ed incide notevolmente nella procedura penale sarà approvata con un voto di fiducia ed è approvata in parlamento in pieno mese di agosto. Questo fatto oggettivo testimonia come l'argomento sia particolarmente delicato e scivoloso. Il Governo, che pure gode di ampia maggioranza parlamentare e di grande autorevolezza negli esponenti tecnici, evidentemente consapevole dell'obbligo di riforma imposto dagli organismi comunitari come condizione per accedere ai fondi post-pandemia ha scelto di percorrere una astuta scorciatoia. Dibattito "balneare" con voto di fiducia.

Indagini preliminari ed udienza preliminare, esercizio dell’azione penale


L’articolo 1, comma 9, detta principi e criteri direttivi volti a riformare alcuni profili della disciplina in materia di indagini preliminari e udienza preliminare intervenendo sui termini di durata delle indagini preliminari parametrati alla natura dei reati per cui si procede.

L’iscrizione nel registro della notizia di reato prevede un meccanismo di verifica, su richiesta di parte, che consenta al giudice di accertare la tempestività dell’iscrizione stessa e di retrodatarla. Gli effetti dell’iscrizione non possa determinare effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo.

L’udienza preliminare, sarà limitata maggiormente rispetto al passato allargando l’elenco dei reati per i quali si procede con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica. I criteri saranno legati alla previsione edittale, non sarà necessaria l’udienza preliminare per i reati puniti con pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento e prevedendo un meccanismo di controllo del giudice sulla formulazione dell’imputazione.

Il governo è inoltre delegato ad indicare i criteri decisori previsti articoli 125 disp. att. c.p.p. e 425, comma 3, c.p.p. (regola di giudizio per l’archiviazione e per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere) sostituendo l’inidoneità a sostenere l’accusa in giudizio degli elementi acquisiti con l’inidoneità dei medesimi elementi a consentire una “ragionevole previsione di condanna”.

Importante novità, che secondo alcuni giuristi critici, intaccherebbe il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, è quella di prevedere l’indicazione di criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale, prevedendosi che gli uffici del pubblico ministero nell’ambito dei criteri generali indicati con legge del parlamento, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili.



Riti alternativi, nuovo effetto premiale in caso di mancata impugnazione,

L’articolo 1, comma 10 detta principi per la riforma dei riti alternativi, finalizzati ad estenderne l’applicabilità ed a renderli maggiormente efficaci, con effetti deflattivi del rito dibattimentale. In particolare, per quanto riguarda il patteggiamento, il Governo dovrà consentire, quando la pena detentiva da applicare superi 2 anni, che l’accordo tra imputato e pubblico ministero si estenda alle pene accessorie e alla confisca facoltativa e dovrà ridurre gli effetti extra-penali della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, prevedendo anche che questa non abbia efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare e in altri casi.

Nel giudizio abbreviato il Governo dovrà intervenire sulle condizioni per l’accoglimento della richiesta subordinata a un’integrazione probatoria, prevedendone l’ammissibilità solo se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale.

Il Governo dovrà inoltre prevedere che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato. In pratica la mancata proposizione del gravame è equiparata ad un rito alternativo con l’effetto di produrre, in cambio dell’appello, la riduzione di un sesto della pena. La legge delega non precisa se devono essere escluse condanne particolarmente pesanti e neppure esclude dall’effetto premiale della mancata proposizione dell’appello i reati puniti con la pena dell’ergastolo, dovrà quindi chiarirsi per queste ipotesi su quale pena si produrrà la riduzione. Quando venne introdotto per la prima volta il rito abbreviato la pena dell’ergastolo era sostituita dalla pena di anni 30, la vicenda, pur ragionevole in punto di diritto soprattutto in relazione agli obbiettivi deflattivi dell’istituto, fu oggetto di notevoli polemiche al punto che la norma è stata cambiata ed oggi anche con il rito abbreviato è possibile condannare l’imputato alla pena dell’ergastolo. Certo l’effetto, a prescindere dai delitti più gravi, è paradossale. Se l’imputato, in fase di udienza preliminare, accede al rito alternativo beneficia della riduzione di un terzo della pena, se invece sceglie la lunga e dispendiosa strada del rito ordinario, in caso di condanna potrà comunque beneficiare di una riduzione, pari alla metà di quella prevista per il rito ordinario.

Procedimento per decreto penale.

Intervenendo sul procedimento per decreto il legislatore delegato dovrà estendere da 6 mesi a un anno, il termine a disposizione del PM per chiedere al GIP l’emissione del decreto, stabilendo che presupposto dell’estinzione del reato sia, oltre al decorso dei termini, anche il pagamento della pena pecuniaria e prevedendo che se il condannato rinuncia all’opposizione può essere ammesso a pagare una pena pecuniaria ridotta.

Più in generale il provvedimento intende aumentare le possibilità di accesso ai riti premiali a fronte del decreto del GIP che dispone il giudizio immediato e consentire all’imputato, in caso di nuove contestazioni in dibattimento, di richiedere l’accesso ai riti alternativi.

Dibattimento

L’articolo 1, comma 11, con riguardo al giudizio dibattimentale, contiene alcune direttive specificamente rivolte all’obiettivo dell’accelerazione del procedimento, in base alle quali il governo dovrà prevedere:

-che i giudici debbano fissare e comunicare alle parti il calendario organizzativo delle udienze;
-che le parti illustrino le rispettive richieste di prova nei limiti strettamente necessari alla verifica dell’ammissibilità delle stesse;
- che il deposito delle consulenze tecniche e della perizia entro un termine congruo precedente l’udienza fissata per l’esame del consulente o del perito;
-che, nell’ipotesi di mutamento del giudice o di uno o più componenti del collegio, il giudice disponga, a richiesta di parte, la riassunzione della prova dichiarativa già assunta. Quando la prova dichiarativa sia stata verbalizzata tramite videoregistrazione nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, il giudice potrà disporre la riassunzione della prova solo quando lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze.

L’articolo 1, comma 12 delega il Governo ad intervenire sulla disciplina dei procedimenti attribuiti alla competenza del giudice monocratico in cui non si fa luogo ad udienza preliminare e l’esercizio dell’azione penale avviene con citazione diretta a giudizio.

In particolare, la riforma prevede una udienza predibattimentale in camera di consiglio, da celebrare innanzi ad un giudice diverso da quello davanti al quale dovrà eventualmente tenersi il dibattimento (una sorta di udienza filtro), nell’ambito della quale il giudice dovrà pronunciare la sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna e potrà ricevere eventuali richieste di riti alternativi. Laddove invece il procedimento superi questa fase, il giudice dovrà fissare la data della successiva udienza dibattimentale, dinanzi a un giudice diverso.

Il nuovo processo penale e le impugnazioni

Esigenze di deflazione sono alla base anche della riforma proposta per il sistema delle impugnazioni dall’articolo 1, comma 12 e 13. In particolare, per quanto riguarda il giudizio di appello, il Governo è delegato:

-ad estendere le attuali ipotesi di inappellabilità delle sentenze (di proscioglimento e di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa; di condanna al lavoro di pubblica utilità);
-ad ampliare l’ambito applicativo del concordato sui motivi in appello, tramite l’eliminazione di tutte le preclusioni all’accesso a tale istituto; a prevedere l'inammissibilità dell’appello per aspecificità dei motivi.
-ad ampliare l’ambito applicativo del concordato sui motivi in appello, tramite l’eliminazione di tutte le preclusioni all’accesso a tale istituto; a prevedere l'inammissibilità dell’appello per aspecificità dei motivi.
Per quanto riguarda invece il giudizio in Cassazione, la delega prevede – tra l’altro – che la trattazione dei ricorsi avvenga con contraddittorio scritto senza l’intervento dei difensori facendo salva la possibile richiesta delle parti di discussione orale. Dinanzi alla Cassazione è infine prevista l’introduzione di un ricorso straordinario per dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. ad estendere le attuali ipotesi di inappellabilità delle sentenze (di proscioglimento e di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa; di condanna al lavoro di pubblica utilità);

Estensione dei casi di procedibilità a querela

Finalità deflattive del processo penale persegue anche l’articolo 1, comma 15 del disegno di legge che delega il Governo a intervenire sulla disciplina delle condizioni di procedibilità, ampliando l’ambito di applicazione della procedibilità a querela (ad esempio, dovrà essere prevista la querela per ulteriori specifici reati contro la persona o contro il patrimonio, individuati nell’ambito di quelli puniti con la pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni). Anche il potenziamento degli istituti della non punibilità per tenuità del fatto e della messa alla prova, previsto dall’articolo 1 commi 21 e 22 disegno di legge, dovrebbe consentire di ridurre le ipotesi nelle quali il procedimento penale giunge al dibattimento. In particolare, il comma 21 delega il Governo a estendere l’ambito di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati puniti con pena edittale non superiore nel minimo a due anni, con la possibilità di prevedere eccezioni per specifici reati e con l’obbligo di precludere sempre l’accesso all’istituto in caso di reati di violenza sulle donne e violenza domestica.



Potenziamento della messa alla prova

L’articolo 1, comma 22 delega il Governo a estendere l’ambito di applicabilità dell’istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell’imputato a specifici reati, puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni, che si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori, da parte dell’autore. Si prevede inoltre l’applicazione dell’istituto già nel corso delle indagini preliminari.



Il sistema sanzionatorio e la possibilità di applicazione dei benefici direttamente in sede di condanna.

Presentano una finalità deflattiva anche alcuni principi di delega relativi alla revisione del sistema sanzionatorio penale. In particolare, l’articolo 1, comma 17 delega il Governo a rivedere la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, da individuare nella semilibertà, nella detenzione domiciliare, nel lavoro di pubblica utilità e nella pena pecuniaria, ampliandone l’ambito di applicazione.

Le nuove pene sostitutive, irrogabili entro il limite di 4 anni di pena inflitta, saranno direttamente applicate dal giudice della cognizione, alleggerendo così il carico dei giudici di esecuzione.

L'articolo 1, comma 23 prevede una delega al Governo in materia di contravvenzioni nella quale prevedere una causa di estinzione delle contravvenzioni destinata a operare già nella fase delle indagini preliminari, per effetto del tempestivo adempimento di apposite prescrizioni impartite dall'organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.



La digitalizzazione

Il disegno di legge promuove la digitalizzazione del processo penale e, più in generale, l’impiego delle nuove tecnologie con finalità di velocizzazione e risparmio, anche muovendo dall’esperienza fatta nel corso della pandemia con il processo da remoto.

A tal fine, l'articolo 1, comma 5 reca principi e criteri direttivi cui devono ispirarsi i decreti attuativi della delega in tema di processo penale telematico, affermando in generale il principio della obbligatorietà dell’utilizzo di modalità digitali tanto per il deposito di atti e documenti quanto per le comunicazioni e notificazioni. Pur nella previsione di una gradualità nell’implementazione del processo penale telematico, da garantire attraverso una disciplina transitoria, il legislatore delegato dovrà prevedere l’impiego di modalità non telematiche solo in via di eccezione.

L’articolo 1, comma 8 detta principi e criteri direttivi per modificare il codice di rito al fine di prevedere la registrazione audiovisiva o l’audioregistrazione per documentare l’interrogatorio o l’assunzione di informazioni, ovvero la testimonianza. Inoltre, la disposizione delega il Governo ad individuare i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza può avvenire a distanza o da remoto.

A supporto del processo di digitalizzazione, l’articolo 2, commi 18-19 demanda al Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri per l’innovazione tecnologica e per la pubblica amministrazione, l’approvazione di un piano triennale per la transizione digitale della amministrazione della giustizia.

L’articolo 2, commi 20-21 consente inoltre al Ministro della giustizia di costituire e disciplinare un Comitato tecnico-scientifico quale organismo di consulenza e supporto nelle decisioni connesse alla digitalizzazione del processo.



Le garanzie difensive e le notifiche

L'articolo 1, comma 6, che reca principi e criteri direttivi per la modifica della disciplina delle notificazioni all’imputato, prevede che solo la prima notificazione, nella quale l’imputato prende conoscenza del procedimento a suo carico, e quelle relative alla citazione a giudizio in primo grado e in sede di impugnazione, dovranno essere effettuate personalmente all’imputato; tutte le altre potranno essere effettuate al difensore di fiducia, al quale l’imputato avrà l’onere di comunicare i propri recapiti.

La disciplina delle notificazioni all’imputato è strettamente connessa alla nuova regolamentazione del processo in assenza dettata dal successivo art. 1, comma 7. L’articolo 1, comma 7 detta principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina del processo in assenza dell’imputato, al fine di adeguarla al diritto dell’Unione europea con particolare riferimento alla direttiva UE 2016/343, che tratta, oltre che della presunzione di innocenza, anche del diritto di presenziare al processo.

In particolare, la riforma intende riaffermare il principio in base al quale si può procedere in assenza dell’imputato solo se si ha la certezza che la sua mancata partecipazione al processo è volontaria. In mancanza, il giudice dovrà pronunciare sentenza inappellabile di non doversi procedere, chiedendo contestualmente che si proceda alle ricerche dell’imputato.

Se e quando l’imputato sarà rintracciato, la sentenza di non doversi procedere sarà revocata (nel frattempo la prescrizione sarà stata sospesa) e il giudice fisserà una nuova udienza per la prosecuzione del processo.

La perquisizione

L’articolo 1, comma 24, delega il Governo ad affermare il diritto della persona sottoposta alle indagini (e dei soggetti interessati) a proporre opposizione al GIP avverso il decreto di perquisizione al quale non abbia fatto seguito un provvedimento di sequestro.



Il diritto all’oblio

L’articolo 1, comma 25, introduce uno specifico criterio di delega in base al quale il Governo dovrà prevedere che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiscano titolo per l'emissione di un provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli indagati o imputati.



Le modifiche all’art. 123 c.p.p.: le comunicazioni al difensore dell’imputato detenuto.


Inoltre, l'articolo 2, comma 14 interviene sull'articolo 123 c.p.p. per estendere l’obbligo di comunicazione anche al difensore delle dichiarazioni e richieste, dell'imputato detenuto e dell'imputato in stato di arresto o di detenzione domiciliare o custodito in un luogo di cura.



La tutela della vittima e giustizia riparativa

La riforma include anche disposizioni per il rafforzamento degli istituti di tutela della vittima del reato e per l’introduzione di una disciplina organica sulla giustizia riparativa, anche in attuazione di direttive dell’Unione europea.

In particolare, l’articolo 1, comma 18, detta principi e criteri direttivi per introdurre una disciplina organica della giustizia riparativa, con particolare riguardo alla definizione dei programmi, ai criteri di accesso, alle garanzie, alla legittimazione a partecipare, alle modalità di svolgimento dei programmi e alla valutazione dei suoi esiti, nelle diverse fasi del procedimento penale.

L’articolo 2, commi 11-13, con disposizioni immediatamente precettive, integra le disposizioni a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte con legge n. 69 del 2019 (c.d. Codice rosso), estendendone la portata applicativa anche alle vittime dei suddetti reati in forma tentata.

Un'ulteriore disposizione (articolo 2, comma 15) è volta ad inserire tra i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza quello di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.



La prescrizione ed il nuovo istituto dell’improcedibilità

La riforma penale, con l’articolo 2, comma 1, interviene con disposizioni immediatamente applicabili sulla disciplina della prescrizione dei reati contenuta nel codice penale, con l’inserimento dell’art. 344-bis si prevedono termini di durata massima dei giudizi di impugnazione individuati rispettivamente in 2 anni per l’appello e un anno per il giudizio di cassazione: la mancata definizione del giudizio entro tali termini comporta la declaratoria di improcedibilità dell’azione penale.

Tuttavia i termini di durata dei giudizi di impugnazione, che sono sospesi negli stessi casi in cui è prevista la sospensione della prescrizione, possono essere prorogati dal giudice che procede. Ed in particolare: - per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale, di associazione mafiosa e di scambio elettorale politico-mafioso, di violenza sessuale aggravata e di traffico di stupefacenti, il termine dei 2 anni in appello e di un anno in Cassazione può essere prorogato, per ragioni inerenti la complessità del giudizio, con successive proroghe, senza limiti di tempo. Non è dunque fissato un limite di durata per tali giudizi.
Per i delitti aggravati dal metodo mafioso e dall’agevolazione mafiosa ai sensi dell’articolo 416-bis.1, possono essere concesse proroghe fino ad un massimo di 3 anni per l’appello e un anno e 6 mesi per il giudizio di legittimità, in tali casi quindi la durata massima del giudizio in appello è di 5 anni e quella del giudizio in Cassazione è di 2 anni e 6 mesi; per tutti gli altri reati è possibile solo una proroga di un anno per il giudizio di appello e di 6 mesi per il giudizio in Cassazione: la durata massima è quindi di 3 anni per l’appello e di 1 anno e 6 mesi per la Cassazione, sempre che ricorrano i motivi che giustificano la proroga.

I termini di durata massima dei giudizi di impugnazione non si applicano nei procedimenti per delitti puniti con l’ergastolo e quando l’imputato vi rinunci.

Il DDL, inoltre, novella l’art. 578 c.p.p. in tema di decisione sugli effetti civili nel caso di improcedibilità dell’azione. In caso di improcedibilità il processo è rimesso, per le statuizioni civili innanzi al giudice di appello civile, che utilizzerà le prove raccolte nel processo penale. Una soluzione di dubbia efficacia soprattutto in considerazione del fatto che il giudizio di risarcimento del danno necessità di istruttoria, anche solo, per la quantificazione del danno. Nel processo civile in grado di appello non sono ammesse prove nuove e sarà davvero difficile introdurre elementi di prova necessari alla quantificazione del danno non raccolti nel processo penale che ha finalità diverse.

Con disposizione transitoria, è previsto che le nuove norme in materia di improcedibilità trovino applicazione solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020; per questi procedimenti, peraltro, se l’impugnazione è proposta entro la fine del 2024, i termini di durata massima dei giudizi sono rispettivamente di 3 anni per l’appello e di 1 anno e mezzo per il giudizio di Cassazione. Anche questo aspetto legato all'entrata in vigore della legge si presta a possibili sindacati di legittimità costituzionale. Tutte le precedenti pronunce della Corte Costituzionale hanno infatti affermato il principio dell'applicazione, in caso di successione di leggi nel tempo in materia di prescrizione, della legge più favorevole al reo a prescindere dall'effettiva entrata in vigore della legge (più favorevole). Il nuovo istituto dell'improcedibilità, per come è stato concepito, appare avere la stessa funzione della prescrizione: sanzionare la lentezza giudiziaria e valorizzare l'elemento temporale. Non è quindi pensabile che non possano beneficiarne imputati per fatti commessi prima dell'entrata in vigore della legge che per altro non è posticipato rispetto alla pubblicazione, ma anticipato al primo gennaio 2020. Questa è almeno la nostra opinione.



Ulteriori disposizioni di razionalizzazione del procedimento penale


Infine, il provvedimento contiene una serie di disposizioni di delega riconducibili all’esigenza di razionalizzare alcuni specifici istituti processuali. In particolare, l’articolo 1, comma 14 delega il Governo ad intervenire in materia di amministrazione dei beni in sequestro e di esecuzione della confisca; l’articolo 1, comma 17 interviene sul procedimento di esecuzione della pena pecuniaria con la finalità dichiarata di restituirle effettività.

L’articolo 2, commi da 7 a 10, introduce specifiche disposizioni, immediatamente precettive, volte ad assicurare la più compiuta identificazione di alcune categorie di persone sottoposte al procedimento penale, con specifico riguardo agli apolidi, alle persone delle quali è ignota la cittadinanza, ai cittadini di uno Stato non appartenente all'Unione europea o cittadini dell'Unione europea privi del codice fiscale o che sono attualmente, o sono stati in passato, titolari anche della cittadinanza di uno Stato non appartenente all'Unione europea.


riproduzione riservata - commento a cura dell'Avv. Salvatore Piccolo, patrocinante in Cassazione


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