Analisi ragionata della crisi economica e della recessione dagli anni 70 ai giorni nostri.

26-07-2012 11:57 -


In occasione delle ferie d´agosto in luogo dei tradizionali auguri di buone ferie, che in questo periodo di crisi può anche suonare come una presa per i fondelli, proponiamo alla nostra affezionata dozzina di lettori un saggio dell´Avv. Salvatore Piccolo scritto per la Rivista di Studi Politici - editrice Apes, con l´avvertenza che per il contenuto non breve il lettore può anche scaricarlo ( nella sezione documenti è presente il formato PDF) e leggerlo con calma, magari con i moderni smartphone o tablet. . Questo sito apprezza un dibattito sereno e pacato anche attraverso la posta elettronica.





Una crisi così forte non si era mai vista. Almeno non era mai stata vissuta dalle generazioni nate a metà degli anni settanta. Dopo la seconda guerra mondiale l´ultima forte crisi economica vissuta dall´Italia risale al 73. Erano gli anni delle domeniche a piedi, senza auto a causa dell´enorme costo della benzina. La nostra moneta, la gloriosa lira, sotto attacco della speculazione resisteva e reagiva con diversi strumenti all´epoca in mano al governatore della Banca d´Italia. Il 20 gennaio del 1976 per difendere la lira già svalutata, in un colpo solo del 6%, il governatore della Banca d´Italia, Paolo Baffi arrivò a decretare la chiusura del mercato ufficiale dei cambi sino al 1 marzo 1976. Strumenti e misure come anche la determinazione del tasso ufficile di sconto che servivano a trovare una via di uscita rispetto a periodi di crisi. Anche in quegli anni le crisi economiche erano accompagnate da ulteriori turbolenze circa la sicurezza e l´ordine pubblico erano gli anni del terrorismo rosso e nero, delle BR, dei NAR.

Manovre oscure e misteri sovente si intrecciavano, ora come allora, con gli accadimenti di cronaca che vedevano i terroristi, soprattutto rossi, protagonisti di azioni eclatanti. Sequestri ed omicidi di poliziotti di alto livello, magistrati, avvocati, dirigenti industriali,politici anche di primo livello ed anche un operaio-sindacalista. A tal punto le manovre apparirono oscure, in quegli anni, che il governatore della Banca d´Italia che aveva ottimamente gestito la crisi monetaria della lira, decidendo la chiusura dei cambi, Paolo Baffi si salvò dal carcere solo per limiti di età, mentre il direttore generale dell´istituto centrale Mario Sarcinelli finì direttamente in galera. Entrambi accusati di favoreggiamento ed interesse privato in atti d´ufficio (il secondo reato oggi non più contemplato dal codice penale perché assorbito con una diversa formulazione nel più generico abuso d´ufficio che raramente comporta misure cautelari). Oltre 140 tra i migliori economisti italiani firmarono un appello in favore dei due e dopo qualche anno il Tribunale di Roma scagionò entrambi gli alti funzionari da ogni accusa. Paolo Baffi preferì comunque dimettersi dall´incarico di governatore e non volle più accettare pubbliche nomine neppure quella di Ministro della Repubblica offertagli ripetutamente negli anni successivi. Dopo anni si seppe che dietro l´incriminazione di Baffi e l´arresto di Sarcinelli vi era stato un complotto probabilmente innescato dalla P2, che doveva liberarsi di due funzionari scomodi, tra i pochi che, nonostante fossero al vertice della Pubblica amministrazione, non erano in possesso della tessera della loggia Propaganda 2. Meglio nota come P2.

Una loggia massonica coperta che aveva "adescato" su base più o meno volontaria tutti gli uomini dello Stato. Quando nel 1982 due magistrati Giuliano Turone e Gherardo Colombo, ovvero lo stesso magistrato poi inserito nel pool mani pulite del 1992, scoprirono la lista degli affiliati e questa venne resa pubblica tra gli iscritti vi figuravano i capi di Stato Maggiore dell´esercito, dell´aereonautica, il comandante della Finanza, il comandante dei Carabinieri, i vertici dei Servizi Segreti civili e militari, tutti i più alti funzionari dello Stato, i direttori dei principali quotidiani dell´epoca, giornalisti in ascesa come Maurizio Costanzo, imprenditori rampanti come Silvio Berlusconi, ma vi figuravano anche nomi di persone integerrime come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, seppure questi si difese dicendo di aver firmato senza sapere di cosa si trattasse.
E´ giusto chiarire che la scoperta della lista degli iscritti alla P2 avvenne in un contesto particolare, mentre i due magistrati indagavano su Michele Sindona, anche egli pidduista, che ormai era in grosse difficoltà e qualcuno successivamente ha messo in dubbio che la scoperta fosse frutto di sola attività di indagine. Probabilmente venne offerta ai magistrati per evitare che affondassero definitivamente l´indagato Sindona, che oltre ad essere massone pare fosse anche mafioso con un profilo ed una caratura internazionale.

Negli anni passati la crisi economica, si è detto, si presentava sempre accompagnata da scenari non lineari. Dove il nemico dello Stato oltre allo speculatore economico, che ora come allora, lucra guadagni puntando sul crollo di una moneta nazionale, ed al nemico che spara in strada ( i terroristi), era anche un nemico subdolo che non serviva solo lo Stato, ma anche consorterie massoniche della peggiore specie. E´ probabile che tutti i vari elementi fossero tra di loro connessi, forse anche in un rapporto di causa- effetto.

Nonostante tutto, e non era poco, l´Italia superò le difficoltà e negli anni 80 visse un secondo boom economico che generò ricchezza diffusa oltre a creare un tessuto industriale e produttivo, si pensi alle piccole e medie imprese, che ancora oggi resiste. Periodo di prosperità durato per tutto il decennio. L´inversione di tendenza in termini economici ha coinciso con l´inizio della stagione giudiziaria di mani pulite. La primavera del 1992, dove i partiti tradizionali che avevano governato l´Italia per 40 anni risultarono fortemente sotto schiaffo dell´opinione pubblica fomentata dai principali quotidiani che soffiavano sul fuoco delle inchieste milanesi.

Giuliano Amato scelto, come ripiego rispetto al leader del PSI Bettino Craxi primo bersaglio delle inchieste giudiziarie, dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a sua volta eletto nel maggio del 1992 in fretta e furia dopo l´attentato di Capaci, quale Presidente del Consiglio varò una pesante manovra economica. Venne istituita in quegli anni un´odiosa tassa l´ICI, nata per il primo anno come ISI (Imposta straordinaria sugli immobile e poi denominata Imposta comunale sugli immobili). La necessità della manovra economica era data dal fatto di dover rientrare nei parametri del Trattato di Maastricht. Sulla ridente cittadina olandese attraversata dal fiume Mosa il 7 febbraio 1992 i dodici paesi (questo era il numero degli aderenti) della CEE (Comunità Economica Europea) decidevano un percorso che avrebbe portato entro il 1999 alla moneta unica oltre alla trasformazione della vecchia comunità economica nell´Unione Europea. Processo che nelle intenzioni doveva sancire una effettiva unità politica oltre che economica del vecchio continente.

Era necessario tuttavia che i singoli stati aderenti avessero rigidi parametri, che con il Trattato di Maastricht i firmatari si impegnavano ad assumere nel breve periodo. Per l´Italia il principale problema risiedeva nella diminuzione del debito pubblico. Sino ad allora ed ancora negli anni 80 la scuola degli economisti italiani sostenne, anche scientificamente, la pratica del debito pubblico per il finanziamento dello Stato, senza ricorrere a pesanti tassazioni. Si riteneva che un debito sovrano detenuto principalmente dai risparmiatori interni fosse un momento di positivo virtuosismo. Il cittadino risultava incentivato al risparmio potendo contare su cedole sicure rilasciate dallo Stato con interessi in doppia cifra. Molti investivano in depositi statali che, ad esempio, dopo sette anni garantivano il triplo del capitale. Il debito pubblico italiano proprio perché alimentato dai risparmi degli italiani non era considerato negativamente. In chiave europea il forte debito pubblico era invece visto diversamente e negativamente poiché i risparmiatori nazionali venivano guidati verso l´acquisto di titoli di aziende private, riservando i titoli di stato ad investitori istituzionali interni ed esteri. In ogni caso quando i parametri del trattato vennero negoziati all´inizio del 1992 soprattutto in Italia si riteneva che la Germania, alle prese con i problemi economici di una unificazione nazionale dell´Est povero con l´Ovest ricco, sarebbe stata in difficoltà nel raggiungere gli obbiettivi dei rigidi parametri. Anzi proprio l´unificazione della Germania, divisa dopo gli orrori della seconda guerra mondiale causati principalmente dalla Germania di Hitler, venne consentita ed agevolata dagli altri paesi europei nell´ottica di appesantire l´economia tedesca, da sempre caratterizzata da una moneta forte ( il Marco) e da uno scarso indebitamento in proporzione al prodotto interno lordo (PIL). Francia, Italia ed anche la Gran Bretagna convinsero gli americani a consentire l´unificazione delle due germanie, credendo che i tedeschi avessero impiegato molto tempo per assorbire il peso dell´unificazione. La Germania dell´Est era uno stato satellite dell´URSS, male amministrato ed in condizioni economiche peggiori di qualsiasi altra area depressa d´Europa.

La manovra finanziaria del governo Amato oltre all´introduzione dell´ICI, fu particolarmente pesante ed ammontò alla somma di 90 mila miliardi di lire, in un solo colpo. Quasi tutte di tasse e dismissioni. Le dismissioni comportarono l´alienazione a privati di strategiche ed importanti aziende pubbliche. Banche ed industrie, ma anche Telecom ed Autostrade vennero privatizzate. Oggi la rete autostradale che strategicamente consente il collegamento tra il nord ed il sud del paese è privata al 100% (tra i principali azionisti figurano anche importati banche straniere quali UBS, HSBC, BNP Paribas), mentre la Telecom che per anni risultava monopolista è oggi completamente straniera. Quando si tratta di tirare la cinghia, soprattutto dopo una grande abbuffata quale erano stati gli anni 80, si trovano sempre delle difficoltà e così accadde anche per gli italiani che iniziarono a guardare in sinistro senso quei politici che adesso avevano iniziato a predicare il rigore economico dopo anni di sprechi e di allegria finanziaria dimenticando all´improvviso il benessere vissuto.

Gli anni 80 avevano segnato anche la sconfitta del terrorismo. Tutti i responsabili del brigatismo e delle stragi nere erano stati assicurati alla giustizia e restavano confinati nelle carceri. Sul fronte della sicurezza nazionale un fenomeno ben più grave all´inizio degli anni 90 sostituiva il terrorismo sconfitto. La criminalità organizzata declinata nelle varie sfumature regionali di mafia, ndrangheta e camorra, ma descrivibile come un unico fenomeno. Prima delle stragi del 1992 il problema non era avvertito come poi invece è accaduto dopo ed effettivamente la forza della criminalità organizzata era oggettivamente minore rispetto a quella di oggi. La criminalità organizzata esisteva anche prima degli anni 90, ma aveva una matrice più contadina ed era probabilmente legata anche ad un effettivo problema di sottosviluppo, anche culturale, del meridione dopo l´unità nazionale imposta dal Piemonte savoiardo. I campieri siciliani ed i loro colleghi napoletani che usavano il bastone per conto del signorotto locale proprietario di grossi latifondi erano autorizzati a violare la legge, esercitando un controllo del territorio per evitare disordini. Ancora nei primi anni del 900 esisteva nei territori rurali meridionali la "guardianeria" ovvero un obbligo in danaro o in natura verso uno sgherro che garantiva che le coltivazione, i frutteti non subissero danni da ladri e vandali. A volte per sollecitare tale prassi e garantirsi il provento lo stesso "guardiano" vandalizzava il fondo. Un sistema tollerato dai governi dell´epoca perché garantiva comunque un controllo del territorio senza usare metodi repressivi che avevano comportato, durante gli anni del brigantaggio, oltre all´odio delle popolazioni locali anche la disapprovazione internazionale per l´inaudita violenza necessaria per imporre l´autorità statale nei territori meridionali. Negli anni 90 la criminalità cambia pelle. Dispone di grandi quantità di danaro, soprattutto provento del traffico internazionale di droga prosperato negli anni 80, che decide di investire nell´economia lecita. Dapprima è l´edilizia con l´indotto delle cave, del calcestruzzo e del movimento terra, dopo , ogni attività capace di generare profitto diventa appetibile per il riciclaggio dei grandi capitali illeciti. In alcune zone del mezzogiorno in tempi recenti l´intera microeconomia risulta gravemente condizionata dalla criminalità organizzata. Con questa forza anche economica il crimine organizzato non si accontenta più di fare solo il lavoro sporco, ma decide di entrare nelle istituzioni. In Sicilia, Campania, Calabria, è necessario sciogliere centinaia di amministrazioni comunali per infiltrazioni e collusioni con la criminalità organizzata. Raccontano le cronache giudiziarie recenti di deputati regionali e nazionali eletti non in rappresentanza di questo o quel partito, o di questa o quella "corrente" di quel grande partito, ma di esponenti politici che rappresentano i clan direttamente in questo o quel partito. Sia di destra che di sinistra o di centro. Una criminalità organizzata, potente economicamente oltre che militarmente, capace di condizionare pesantemente la politica.

All´indomani della difficile entrata nella moneta unica, per realizzare l´obiettivo, fu necessaria una tassa supplementare ad hoc e forse qualche artificio di bilancio nella contabilità della Stato. All´epoca, ed eravamo nel 1998, in molti narrarono delle vicende dei conti della ragioneria dello Stato elogiando l´italica arte dell´arrangiarsi e compiacendosi velatamente di aver buggerato gli antipatici tedeschi. Sorrisini che certamente oggi si sono trasformati in sonore risate nei nostri confronti da parte dei mai amati "alleati" germanici. Ride bene chi ride ultimo è un adagio da tenere sempre in considerazione.

La moneta unica, oltre ad un cambio infelice, ha portato un radicale cambio delle regole macroeconomiche soprattutto in tempo di crisi. Non esiste più la possibilità di svalutare la moneta , i tassi di sconto sono dettati dalla BCE (Banca centrale europea) tendendo presente la situazione economica complessiva del continente piuttosto che le difficoltà dei singoli stati. Il debito pubblico non è più nelle mani quasi esclusive degli italiani come un tempo, ma degli investitori istituzionali, i grandi fondi internazionali e gli stati sovrani emergenti che comprano titoli di altri governi. Si pensi che la Cina ha dichiarato, senza essere stata smentita, di possedere una grande quantità di titoli di Stato degli USA. Gli stati nazionali europei non sono più in grado di influire in alcun modo con le leve classiche per interrompere la recessione economica che per le famiglie significa licenziamenti e povertà. Eppure la competitività tra le imprese degli stati europei per la produzione di beni e servizi è sempre stata molto alta ed ogni governo ha sostenuto le proprie aziende come poteva. In Italia la principale industria meccanica, quella automobilistica (leggesi FIAT), capace di fare comparto da sola, ripetutamente nel corso degli anni è stata aiutata con sovvenzioni dirette o indirette come gli ecoincentivi, ma ad un certo punto l´Europa ha imposto lo stop agli aiuti di Stato. Immediatamente le imprese tedesche di automobili hanno aumentato le quote di mercato in Europa ed anche in Italia. In una area geografica non omogenea la moneta unica ha accentuato degli squilibri ed anziché livellare gli indicatori economici dei residenti , ha creato forti diversità. Senza regole per il governo della moneta unica, l´Euro è diventata lo strumento nelle mani degli stati o dello stato economicamente più forte. Uno stato sovrano stabilisce quali regole economiche e quante e quali tasse applicare in un altro Stato, altrettanto sovrano.

I dati oggettivi parlano di un totale azzeramento dei tassi di interessi dei titoli di debito pubblico emessi dallo stato economicamente dominante. La Germania, per fare nomi e cognomi, riesce a piazzare sul mercato i propri titoli di stato con tassi negativi, mentre gli altri paesi in difficoltà aumentano ulteriormente le proprie difficoltà a causa dell´aumento dei tassi di interesse sui propri titoli di debito. Eppure sono tutti titoli emessi in Euro. Assistiamo in questi giorni ad una specie di bilancia. Più aumenta il tasso di interesse dei titoli nazionali dei paese in difficoltà e più diminuiscono, sconfinando nei numeri negativi, quelli dei paesi forti. Sul fronte del prodotto interno lordo ovvero della ricchezza nel corso del 2012 la Germania sta crescendo del 1,2 % su base annua, mentre l´Italia è in recessione con un PIL annuo del meno 2%. A livello globale i flussi di danaro degli investitori internazionali tendono a spostarsi sempre più verso quei paesi del cd. BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) che pur rappresentando i due terzi della popolazione mondiale solo in tempi recenti hanno iniziato a godere di uno sviluppo economico apprezzabile e duraturo. Sono risorse che hanno abbandonato il vecchio continente e che difficilmente vi faranno ritorno e che contribuiscono a creare la crisi per mancanza di investimenti esteri. Molte imprese, al contrario, per il minore costo del lavoro hanno iniziato a spostare la produzione nei paesi in via di sviluppo.

In Italia, per arrivare ai giorni nostri, dopo 7 mesi di nuove e pesanti tasse affidate per la riscossione ad una agenzia governativa munita di particolari strumenti di esazione coatta la situazione economica sembra anche peggiore di prima. Eppure le nuove misure sono state elaborate non da politici, ma da tecnici appositamente convocati per trovare una soluzione rispetto ad una crisi economica che aveva ormai aggredito direttamente la contabilità pubblica, a rischio default. Sui quotidiani recentemente qualcuno ha paventato che potrebbe essere allo studio la sospensione, parziale o totale, della tredicesima mensilità dei dipendenti pubblici anche in Italia, come ha già fatto la Spagna. Se non è il default, poco ci manca.

Intanto dopo le tasse il governo dei professori ha varato dei severi provvedimenti di riduzione della spesa pubblica con tagli e soppressione di uffici pubblici. Addirittura il governo ha vantato un avanzo primario di bilancio, ma i tassi di interesse continuano a salire. Lo spread ovvero la differenza tra i buoni del tesoro italiani ed i titoli di stato della Germania proprio in questi giorni ha raggiunto livelli enormi, anche a causa dell´entrata in territorio negativo dei tassi di interessi dei bund tedeschi. Nessun tentativo di spiegare i motivi che dovrebbero spingere un investitore a comprare titoli di Stato che alla scadenza non rimborseranno il capitale originario è apparso apprezzabile. Quello più convincente paragona la vicenda ad una cassetta di sicurezza di un importante banca: per tenere delle somme di danaro in quella affidabile e sicura banca bisogna pagare una commissione e non viceversa. Chi scrive, invece, azzarda una diversa ipotesi. Piuttosto che una necessità di sicurezza inconciliabile con la natura di un qualsiasi investimento, incerto per definizione, appare verosimile che l´acquirente dei titoli pubblici tedeschi con tasso negativo non vada ricercato in un risparmiatore, ma in un investitore che al momento opportuno possa mettere sul piatto della bilancia la proprietà del debito pubblico tedesco. Come è accaduto per la Cina con i buoni del tesoro americano, non era richiesto un buon tasso di interesse, quando piuttosto di condizionare a proprio vantaggio il potere dello Stato emittente che è il poliziotto del mondo, unico abilitato ad avere armi nucleari e di distruzione di massa senza permesso di alcuno.

In questo scenario appare lecito dubitare della bontà delle misure adottate dal governo italiano ovvero in poco tempo nuove e pesanti tasse e drastica riduzione della spesa pubblica. Sono misure recessive che potrebbero acuire il problema e portare a forti tensioni sociali. In Grecia e successivamente in Spagna le proteste delle popolazioni colpite dalle tasse e dai tagli stanno creando diverse tensioni tra le classi sociali e forti scontri di piazza. In Italia la piazza e la protesta devono sempre fare i conti con una sicurezza pubblica aggravata, particolarmente nel meridione, dalla presenza capillare della criminalità organizzata. Un autunno caldo di proteste potrebbe avere conseguenze non calcolabili preventivamente. Neppure può trascurarsi che il prossimo anno, se non si andrà alle urne in autunno, si verificherà una sorta di ingorgo istituzionale. Scade sia la legislatura che il settennato del Presidente della Repubblica, l´ultima volta che accadde era proprio il 1992. Ora come allora il sistema vive una fase di transizione. Oggi a differenza di ieri i fondamentali dell´economia sono molto diversi e molto più negativi. L´Italia non è più proprietaria di aziende pubbliche da privatizzare e non ha un peso nelle decisioni di politica economica che riguardano la valuta, il tasso di interesse e la circolazione della moneta. Il debito pubblico di oggi rispetto a quello del 1992 è aumentato in maniera sproporzionata 1.633.770 milioni di miliardi di lire era quello del 1992 pari ad 843,771 miliardi di euro, mentre oggi il debito pubblico si avvicina a 1.500 miliardi di euro, ovvero in venti anni è raddoppiato. La pressione fiscale ramificata in imposte dirette statali e locali ( regionali e comunali) ed in quelle indirette ha raggiunto e superto il 50 per cento anche nei confronti di redditi non elevati.

Una situazione al limite del collasso che spiega bene, alla vigilia delle ferie d´agosto del 2012, la forte paura e l´ansia degli italiani non tanto per la permanenza della crisi economica e della recessione, ma per la mancanza di una risoluzione della crisi in termini accettabili.

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