Pubblicato il nuovo libro di Salvatore Piccolo : "Il caso Moro, il dovere di raccontare"

31-07-2022 11:33 -

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Da una parte gli americani ed il patto atlantico, dall'altro il blocco sovietico comunista. In Grecia l'instabilità politica e l'avanzare dei partiti comunisti era stata combattuta con un colpo di stato militare, senza dubbio favorito dagli americani. Nel Sudamerica gli stessi americani avevano ispirato colpi di stato con l'imposizione di dittature militari in tutto il continente. In Cile si era arrivati addirittura a bombardare ed uccidere il Presidente democraticamente eletto, Salvator Allende, asserragliato nel palazzo presidenziale. Anche l'Italia rischiava una deriva autoritaria soprattutto quando il partito comunista minacciava il sorpasso elettorale nei confronti della Democrazia Cristiana. Non si fidavano gli USA dei comunisti italiani, i leader principali erano legati a doppio filo con Mosca che finanziava il PCI in maniera rilevante. La stagione del terrore era stata inaugurata dalle bombe nelle piazze e nei treni. I risultati elettorali, dopo le prime bombe, sembravano rafforzare il principale partito di governo: la DC. Destabilizzare per stabilizzare probabilmente poteva essere la strategia di fondo, se davvero una regia alla strategia della tensione dovette esistere. Le bombe uccisero vittime innocenti, ma allontanarono il pericolo di una dittatura di destra. Da sole le bombe evidentemente non bastarono. Arrivarono azioni di guerriglia rivendicate da farneticanti proclami politici che invocavano il potere operaio, l'imperialismo delle multinazionali e cose simili. All'inizio piccoli sequestri di dirigenti di fabbrica che si risolvevano in poche ore, con il rapito che veniva fotografato con cartelli politici e liberato in breve tempo, poi in rapida successione le azioni terroristiche alzarono il livello dello scontro. Dopo poco tempo arrivarono uccisioni di politici, magistrati, avvocati, poliziotti. Quando fu rapito Aldo Moro molti temettero che fosse in corso un colpo di Stato. Molte madri, precipitosamente, andarono a prendere i figli a scuola appena avuto notizia del sequestro. Il paese sembrava in balia degli eventi.

La scelta narrativa è caduta sui fatti documentati principalmente da atti e documenti giudiziari o parlamentari, mai si è presa posizione rispetto a tesi di autori della sterminata narrativa prodotta sul caso Moro. Non sono state avanzate ipotesi o supposizione, ma analizzati i principali punti della vicenda con l'evidenza di aspetti misteriosi e responsabilità ancora non identificate. Sono stati inoltre rinvenuti documenti inediti, nel senso che pur presenti negli atti processuali, non sono stati oggetto di indagini giornalistiche o di ulteriori approfondimenti investigativi. Si tratta di atti che documentano di un incidente, molto simile a quello poi verificatosi il 16 marzo in via Fani, accaduto il giorno prima dove l'Alfetta di scorta tampona la 130 di Moro. Documenti che indicano i nomi degli agenti di scorta che sostituivano, il giorno prima, quelli poi uccisi in via Fani. Incrociando i documenti inediti con le testimonianze ufficiali dei protagonisti emergono contraddizioni ed omissioni rilevanti e mai approfondite come la rivelazione che un camorrista detta a verbale al giudice di sorveglianza, un mese prima dei fatti di via Fani, indicando il nome di Moro ed il prossimo rapimento.
L'autore del libro è stato allievo del Prof. Massimo D'Antona assassinato da un gruppo di criminali che si richiamavano apertamente all'esperienza brigatista. In particolare il Prof. D'Antona, titolare della cattedra di Diritto del Lavoro presso la Seconda Università degli studi di Napoli, fu relatore della tesi di laurea, nel 1996, di Salvatore Piccolo. Il libro è dedicato alla memoria del prof. Massimo D'Antona, uno dei più autorevoli docenti di diritto del lavoro al momento dell'uccisione.