La bella storia di Ciro, dalle Fiandre al Vesuvio.

07-06-2025 16:15 -

Non ha vinto lo scudetto, ma è stato una grande campione del calcio. Nato nelle Fiandre, a Lovanio in Belgio, è arrivato a Napoli nella stagione 2013/2013, a 26 anni. La squadra si è rinforzata con l’acquisto di campioni come Higuain e sotto la guida tecnica di Rafael Benitez, allenatore spagnolo di grande professionalità che ha già vinto in campo internazionale numerosi titoli.

Tra i nuovi arrivi sono in pochi a credere che Dries Mertens, proveniente dalla squadra olandese del PSV, sarà una stella del Napoli e di Napoli. Conclude l’esperienza dopo 9 stagioni, 397 presenze e 148 gol complessivi, vince solo la Coppa Italia, perché il contratto scade proprio nel 2022 e la società, credendolo ormai avanti negli anni, non rinnova lasciandolo libero di trovare una nuova squadra. Nei nove anni è stato uno dei migliori calciatori del campionato italiano, alcuni gol segnati sono da antologia del calcio. Quando il Napoli vince lo scudetto l’anno successivo, arriva in tribuna per festeggiare. Potrebbe essere dispiaciuto perché lo scudetto arriva proprio quando è andato via, invece no, è contento e festeggia più di un bambino.

Nei nove anni in cui è stato a giocare nella squadra della città è diventato napoletano, uno di quelli veri. Amante del bello, della cultura, della poesia, della musica. Ha dimostrato con i fatti che napoletani non solo si nasce, ma lo si può anche diventare e lui lo è diventato. Non come calciatore del Napoli, lui è andato oltre il calcio. Ha dimostrato attaccamento alla città e al territorio decantandone la bellezza e se necessario esponendo qualche critica. Ha partecipato alla vita sociale come un cittadino qualsiasi. Ha messo in piedi numerose iniziative di beneficenza verso i napoletani più sfortunati, spesso in silenzio e senza pubblicità come sapeva fare nel passato solo il grande Totò. Ha avuto un figlio che è nato a Napoli che ha chiamato Ciro, un nome che i tifosi gli avevano attribuito, come soprannome, quando giocava nella squadra di Benitez e di Sarri. È stato un esempio virtuoso di atleta mai coinvolto in situazioni spiacevoli e sempre con i piedi per terra, per nulla vanaglorioso rispetto alla fama calcistica che da queste parti arriva anche a distorti miti e spesso scade nella negatività, colpendo anche fenomeni indiscussi del pallone che diventano esempi poco edificanti per i più giovani. Insomma, Mertens ha meritato di essere napoletano. Così, il 6 giugno, nella sala dei Baroni del Maschio Angioino, non si è svolta solo la cerimonia di conferimento della cittadinanza, ma una giornata di soddisfazione e riconoscenza per Napoli e i napoletani.

Il momento più emozionante, con tanto di lacrime per l’interessato e per il qualificato pubblico invitato alla cerimonia, è arrivato quando ‘Ciro’ ha preso la parola ed ha letto il discorso diretto al grande pubblico napoletano, ai suoi amici più fedeli e soprattutto alla sua famiglia. L’incipit del discorso è stato di quelli che si ricordano. “Non so parlare come il sindaco e non so scrivere come un giornalista, ma ci provo” e dopo aver ringraziato le autorità e ricordato al volo la venuta a Napoli da consumato oratore “Napoli è caotica, rumorosa, a volte un po' sporca. Si, lo devo dire”, e qui tradiva anche nel volto le sembianze compiaciute di un cittadino modello mitteleuropeo quando individua una critica vera, poi “Ma chi vede solo questo non ha conosciuto davvero la città“ e via magnificando le virtù e le bellezze naturali di un intero territorio. Non senza lacrime finali e ringraziamento ai genitori e alla moglie.

Una bella storia che contribuisce a far crescere ancora di più un territorio che è cambiato rispetto al passato. Non è più la città della camorra, del vivere alla giornata anche grazie all’arte dell’arrangiarsi spesso celebrata come dote principale dei napoletani. Oggi è una città che piace anche a chi non è nato a Napoli, ma sceglie di viverci. Da queste parti iniziano ad avere successo iniziative imprenditoriali ed economiche di eccellenza. Non è più l’industria pesante dell’acciaio o delle automobili che hanno avuto una presenza significativa in passato, arrivata con gli incentivi statali e imposta dai politici meridionali, fabbriche che non sono più in sintonia con la vocazione turistica del territorio. Le aziende produttive oggi sono farmaceutiche, agroalimentari e tessili. La verità è che in Campania oggi si è in condizioni economiche e di sviluppo di molto superiori alle altre zone del Mezzogiorno. Una realtà che quando è arrivato Mertens era ancora in divenire. Tanto resta ancora da fare sulla via dello sviluppo. Forse va contrastata la mentalità per cui se si ha il colletto bianco si può ottenere ogni cosa che è poi un corollario dell’affermazione secondo la quale la camorra di oggi è composta da colletti bianchi. Sia chiaro, Mertens ha ben detto che essere napoletani, anche solo d’adozione, non significa solo decantarne le lodi, ma anche indicare le cose che non vanno a condizione che non ci si limiti solo a quello. Tuttavia la storia è di quelle che vanno sottolineate, capace di disegnare speranze e prospettive di luce purissima in un territorio che per anni è stato nel buio di un tunnel dal quale sembrava difficile uscire. Forse ci siamo riusciti.

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