25 Aprile 2024
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Commette il reato di auriciclaggio colui che impiega le somme depositate dalla vittima su un conto in criptovaluta (Bitcoin) impiegandole per operazioni finanziarie atte ad ostacolare la rintracciabilità dell'origine

01-09-2022 12:01 - Diritto
La Suprema Corte con la sentenza n.27023 del 7 luglio 2022 (dep.il 23) chiarisce la questione dell’autoriciclaggio anche mediante l’utilizzo di criptovalute. L'indicazione normativa ex art. 648 ter.1 c.p., delle attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, lungi dal rappresentare un elenco formale delle attività suddette, appare piuttosto diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell'impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale, vengono immessi denaro o altre utilità provenienti da delitto e delle quali il reo vuole rendere non più riconoscibile la loro provenienza delittuosa (in termini, in motivazione, par. 1.8.1, Cass. sez. 2, sent. n. 13795 del 07/03/2019 - dep 29/03/2019 - Rv. 275228). Chiariscono gli ermellini, nell’ambito di un procedimento de libertate, che possono essere ricondotte nell'ambito della dizione di "attività speculativa" (della quale il legislatore, non a caso, non offre rigida definizione) molteplici attività e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite. Le valute virtuali possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento (sul punto, il parere della BCE riportato a pag. 18 dell'ordinanza, recepito nella V direttiva UE antiriciclaggio 2018/843). La questione è stata anche dibattuta in dottrina spiegando che la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto è possibile garantire un alto grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull'ingresso di nuovi "nodi" e sulla provenienza del denaro convertito (si è anche sottolineato come sia ormai noto il vasto numero di criptovalute utilizzate nel darkweb, proprio per le loro peculiari caratteristiche, e che alcune di esse, attraverso l'uso di tecniche crittografiche avanzate, garantiscono un elevato livello di privacy sia in relazione alla persona dell'utente sia in relazione all'oggetto delle compravendite);

Con il D.Lgs. n. 90 del 2017, attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio, il legislatore italiano ha apportato sostanziali modifiche al D.Lgs. n. 231 del 2007, a sua volta attuativo della Direttiva 2005/60/CE, anticipando le disposizioni della V Direttiva Antiriciclaggio in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, normativa di carattere preventivo che si affianca alla disciplina penalistica di contrasto a riciclaggio e autoriciclaggio di cui agli artt. 648 bis e 648 ter.1 c.p. Nella fattispecie esaminata dalla II sezione penale è risultato che tale nuovo meccanismo di controllo non abbia consentito di evitare il reato contestato. Al contrario, accertata la re-immissione del profitto delle truffe nel circuito dell'economia legale, sono risultate estremamente difficili le attività di ricostruzione dell'identità del soggetto al quale riferire le singole transazioni in criptovaluta, anche perchè l'account impiegato dall'indagato faceva riferimento a false generalità dell'intestatario del conto corrente bancario di provenienza.

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