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Caivano

31-08-2023 13:27 - Cronaca
La visita del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Caivano finalmente porta all’attenzione dell’opinione pubblica la penosa vicenda del parco Verde di Caivano, una zona sottratta alla legalità ed epicentro del narcotraffico regionale. La visita non è dovuta allo specifico e concreto problema del narcotraffico, ma alla recrudescenza criminale che ormai interessa anche giovanissimi adolescenti che addirittura hanno stuprato, in gruppo, due ragazzine poco più che bambine. I vocaboli si sono sprecati in questi giorni, non senza motivo, e chi ha parlato di inferno non ha esagerato. L’inferno è una punizione immaginata dalla morale cristiana per peccatori non pentiti, mentre nel caso in discussione a pagare le conseguenze sono spesso una maggioranza di persone assolutamente prive di responsabilità, ma costrette da specifiche contingenze ad abitare un quartiere sottratto al controllo delle istituzioni. Il parco Verde nasce negli anni 80 ed è costruito con fondi del terremoto destinati all’edilizia economica e popolare per raccogliere un numero rilevante di famiglie prive di alloggio anche per effetto degli eventi sismici. La logica dell’edilizia popolare di quegli anni favoriva insediamenti nuovi nel napoletano per agevolare il deflusso di famiglie, in specie a basso o nullo reddito, dal centro della città sovrappopolata e satura di spazi. Poi è accaduto che le periferie di Napoli, pure interessate dagli stessi criteri di edilizia economica e popolare, hanno per decenni monopolizzato l’azione criminale ed in particolare il traffico di droga ed il parco Verde sembrava una problematica marginale, controllabile. Invece Scampia e gli altri quartieri a rischio di Napoli, interessati da politiche di recupero non solo in funzione repressiva, hanno ottenuto importante attenzione da parte dello Stato ed oggi si può dire che sono territori quasi del tutto recuperati alla legalità. Resta il Parco Verde di Caivano, un vero e proprio fortino distante e non collegato da mezzi pubblici con il centro della cittadina, dove impera principalmente il narcotraffico. Eliminata la piazza di spaccio enorme di Scampia, il supermercato della droga si è spostato proprio al parco Verde. Le proposte in campo sono diverse, dal presidio militare e stringente del territorio anche con l’ausilio dell’esercito ad un rinnovato impegno anche di natura culturale delle istituzioni. Tutte soluzioni valide, ma la risoluzione della questione probabilmente sta nel mezzo. Ormai è chiaro che il parco Verde deve essere sottratto al controllo fisico dei narcotrafficanti, ma la sola repressione penale non è sufficiente. Serve un intervento forte e deciso dello Stato che risolva prima i problemi essenziali come i collegamenti con la stessa cittadina di Caivano, il disagio sociale che è esponenziale nel quartiere alimentato da decenni di criminalità, ed infine occorre affrontare diversamente il punto centrale della questione che è il narcotraffico.

La vicenda di Scampia che era diventato un grande mercato della droga aperto 24 ore al giorno con strutture fisiche appositamente predisposte ed un’organizzazione composta da numerosi addetti, tra vedette, corrieri, fornitori, custodi, ha insegnato che smantellata la struttura, anche abbattendo fisicamente le famose Vele, i tossicodipendenti non sono spariti insieme ai fabbricati, si sono spostati per soddisfare le loro necessità eleggendo il parco Verde di Caivano come punto centrale per le forniture di droga. Occorre dunque affrontare anche la questione della tossicodipendenza e non soltanto in ottica repressiva con gli strumenti del codice penale, in materia di droga, rappresentati da una legislazione farraginosa, datata ed a volte di difficile interpretazione anche per l’interprete più qualificato, con fattispecie penali che si sovrappongono e sono state già censurate anche dalla Corte Costituzionale. Serve mettere in campo politiche sociali idonee a recuperare il tossicodipendente, a liberarlo dalla schiavitù della droga che, quasi sempre, è anticamera di una vita delinquenziale per via del crescente impegno economico nell’affrontare i costi dello stupefacente e della contiguità, in sede di acquisto della droga, con ambienti criminali. Il vero problema è che gli attuali servizi di recupero, i famosi SERT, sono inefficienti ed hanno scarsa capacità di entrare nello specifico di ogni singola vicenda del tossicodipendente che non è un numero, ma pure sempre una persona caratterizzata da un vissuto familiare peculiare e da disagio sociale soggettivo. Il settore poi, quello delle politiche sociali, in Campania è oggetto di infiltrazioni criminali come dimostrano numerose inchieste della magistratura con la conseguenza che chi dovrebbe contribuire a curare o attenuare il problema è esso stesso parte centrale del problema.

Forse è arrivato il momento di affrontare la questione che non è più solo della cittadina di Caivano, ma dell’intero comprensorio a nord di Napoli, in maniera complessiva intervenendo in tutta l’intera filiera della tossicodipendenza e del suo recupero oltre che combattendo il narcotraffico organizzato con una legislazione più moderna e scritta ex novo con una diversa sistematica tale che la legge penale non sia feroce con il piccolo spacciatore spesso assuntore punito con pene pesantissime e debole con i narcos mafiosi che si arricchiscono ai danni della società. Sul punto deve essere chiaro che servono leggi ed istituti processuali, anche emergenziali, idonei a sconfiggere il narcotraffico organizzato che è il principale business che oggi alimenta le mafie italiane, diversamente si dovesse riuscire ad eliminare la piazza di spaccio del parco Verde di Caivano, alla base di tutti gli altri episodi criminali verificatisi nel quartiere, sorgerà una nuova piazza di spaccio più o meno simile spostando geograficamente il problema.

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