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In morte di Diego Armando Maradona, il Dio del calcio.

26-11-2020 14:01 - Cronaca
Diego Armando Maradona è stato il più forte calciatore del mondo di tutti i tempi. Un giocatore di calcio da imitare soprattutto per quelle generazioni che non avevano altri passatempi che giocare al calcio per strada o, se andava bene, nei campi polverosi. Un finta di Maradona “squaglia il sangue nelle vene” scrisse Luciano De Crescenzo, compianto scrittore napoletano. Perché Maradona era nato a Buenos Aires in Argentina ed era orgogliosamente cittadino di quella nazione sudamericana, ma era anche napoletano. Non solo perché ha giocato nel Napoli calcio durante i migliori anni della sua carriera, ma soprattutto perché era uno di noi. Incarnava gli stessi pregi e difetti di un popolo, quello napoletano, sempre in lotta con le contraddizioni di una società culturalmente avanzata, ma economicamente subordinata al nord produttivo. Ingegno virtuoso che è unito con un fatalismo eccessivo che tende a giustificare il lassismo delle istituzioni e, a volte, anche a giustificare il male che da queste parti tende ad organizzarsi e cerca giustificazioni nella marginalizzazione sociale conseguente alla endemica disoccupazione ed alla cattiva amministrazione della cosa pubblica sovente espressa in termini di malversazione. Non sembrava vero che un campione giovanissimo, ma già ritenuto il più forte del mondo scegliesse Napoli abbandonando Barcellona che offriva il doppio dell'ingaggio per almeno un lustro. Nel 1984 quando venne acquistato dal calcio Napoli la società aveva debiti per 8 miliardi di lire ed il Barcellona non credeva che il Napoli potesse pagare i 13 miliardi del costo del cartellino. Intervenne il Banco di Napoli, all'epoca diretto dal mitico Ferdinando Ventriglia e controllato dallo Stato e quindi dal principale partito la Democrazia Cristiana sotto la spinta forte di Enzo Scotti in seguito ministro degli Interni, che sottoscrisse la fideiussione indispensabile per garantire l'acquisto. Maradona arrivò a Napoli e dopo qualche tempo arrivarono le vittorie, uno primo scudetto, poi un secondo ed anche una coppa Uefa. A queste latitudini non si era mai vinto niente ed il calcio spesso veniva strumentalizzato per ottenere consensi politici. Per molti anni il Napoli calcio era stato di proprietà di Achille Lauro, sindaco di Napoli e politico locale di rilievo seppure insignificante a livello nazionale. Poco tempo prima dell'arrivo di Maradona la Campania era stata sconquassata da un devastante terremoto che aveva causato tremila morti ed un numero, elevato ed indefinito, di senza tetto. Le vittorie sportive del Napoli di Maradona portarono un entusiasmo e la sensazione di un riscatto meridionale che lo stesso Diego invocava nei suoi discorsi e proclami sportivi. La festa del primo scudetto, una gioia incontenibile, può essere paragonata ad un carnevale di Rio de Janeiro con sfilate e caroselli dove le maschere erano rappresentate da parrucche “alla Maradona” , gonfia capigliatura riccia e corvina, magliette azzurre con il colore azzurro etc. La festa durò un mese intero. Moderni studi hanno dimostrato che l'effetto economico del Napoli di Maradona, senza calcolare il sommerso, determinarono l'aumento del PIL regionale del 1,5 per cento. Con Maradona ed il Napoli che vinceva in Italia ed in Europa sembrava che anche il Sud potesse riuscire a vincere : se non colmare il divario economico con il nord, almeno invertire la tendenza. Tutti sappiamo invece come è andata a finire, purtroppo. Per la grandezza del talento, ma anche per il carisma, in molti paragonarono Maradona ad un Dio, Dios alla spagnola e se usava mettere la mano in uno sport dove si gioca con i piedi era la “mano de dios”. Non una semplice furbizia, ma l'intervento soprannaturale per riequilibrare un'ingiustizia. Naturalmente Maradona non era Dio e non aspirava neppure ad esserlo. Era, invece, un uomo e la condizione umana si vedeva nelle difficoltà e nelle debolezze alle quali non seppe sfuggire e neppure volle nascondere. La debolezza, tuttavia, non ha scalfito la grandezza, anzi ha contribuito ad amplificarne il mito. Subì l'umiliazione di essere arrestato per possesso di droga, seppure era nota la sua patologica dipendenza ed in alcun ordinamento giuridico del mondo la tossicodipendenza è reato. Impensabile che potesse spacciare la droga. Incredibilmente venne processato anche a Napoli dove venne condannato ad un anno e due mesi, dal Tribunale di Napoli in seguito a patteggiamento. Il fisco italiano lo perseguitò per tutto il resto della vita con aggressioni vere e proprio, nel giorno del ritorno in Italia, dopo 14 anni, gli esattori del fisco pignorarono l'orecchino che Diego portava al lobo dell'orecchio. Eppure Diego era un dipendente del calcio Napoli con un contratto in cui è previsto che tutte le tasse dovessero essere pagate dalla società sportiva. Le disavventure accentuarono ulteriormente le difficoltà umane seppure contribuirono a rafforzare nell'uomo un senso di giustizia naturale che spinge a sostenere sempre la causa dei deboli contro i potenti e la loro arroganza. Non aveva precisi disegni politici, ma apprezzava chiunque avesse dato voce ai deboli, fosse il leader comunista caraibico Fidel Castro piuttosto che il papa argentino Francesco. La morte precoce, in un periodo in cui è difficile curarsi per via di una anacronistica pandemia, lo ha reso definitivamente immortale.

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