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Tassi di interesse e scelte di economia politica.

29-06-2023 14:12 - Cronaca
Le scelte di economia politica diventano (finalmente!) materia di dibattito pubblico. La questione riguarda le decisioni da adottare in materia di tassi di interessi che sono di esclusiva competenza della Banca Centrale Europea. Da quando è stata introdotta la moneta unica, l'euro, le banche centrali nazionali non hanno più potere nella delicata questione del costo del danaro. Una leva, quella dei tassi di interesse, che da sempre riveste particolare importanza perché è un fondamentale strumento di riequilibrio dell'economia. Dallo scorso anno a livello globale l'inflazione, cioè il costo dei beni di consumo, ha subito un costante e rapido aumento. Per combattere la spinta inflazionistica dapprima la banca centrale statunitense (Federal Reserve) ha iniziato una politica di costante e progressivo aumento del costo del denaro e poi anche la Banca Centrale Europea ha adeguato le proprie decisioni in scia con le nuove politiche monetarie a stelle e strisce. Per meglio comprendere la questione occorre per prima cosa individuare le cause che hanno portato all'aumento dei prezzi dei beni di consumo. Questa analisi non è univoca. Secondo gli analisti d'oltreoceano le cause principali dell'aumento dell'inflazione sono da ricercarsi principalmente in un momento, per altro ciclico, dell'economia conseguente a periodi di crescita economica. La crescita stessa, soprattutto se durata molti anni, porterebbe come conseguenza inevitabile un aumento del costo dei beni di consumo dovuto all'aumento delle disponibilità monetarie dei consumatori con conseguente aumento della propensione al consumo. E' la spirale inflazionistica che porta a sua volta aumento del costo del lavoro, diminuzione della produzione industriale ed infine alla crisi economica generata dal combinarsi dei vari fattori macroenomici, tutti originati dall'aumento dell'inflazione. Per arginare l'inflazione e la conseguente spirale la Federal Reserve ritiene di dover attuare il più antico dei rimedi esistenti in politica economica: l'aumento dei tassi di interesse. L'aumento del costo del danaro porterebbe un rallentamento della crescita economica che da sola riassorbirebbe l'eccesso di domanda sottostante all'aumento dei prezzi. Una scelta tipica della scuola liberale o anche neoliberale, a seconda delle varie declinazioni storiche, che in economia politica prende le mosse dalle idee liberali del XIX secolo dove il mercato veniva considerato idoneo, anche da solo, a correggere eventuali squilibri creatisi con nei vari cicli economici. In questo scenario una pilotata recessione economica sarebbe il male minore rispetto ad una inflazione non controllata. Il Italia ed anche in diversi parti dell'Europa questa soluzione non è accettata. Si tratta di un contrasto che è frutto anche di diverse sensibilità in materia di politica economica. Da queste parti, a far data dal secondo dopoguerra, la scuola economica liberale è stata duramente contestata non già dalle tesi critiche di stampo materialista quanto da disamine neokeynesiane secondo le quali il compito dello Stato in economia non è solo quello di un arbitro che deve far rispettare al mercato delle regole, ma può essere un attore capace di affiancare la libera iniziativa economica con strumenti di intervento maggiormente diretti, a cominciare dalle politiche fiscali sino a prevedere anche settori di interesse strategico per un determinato stato da tutelare e salvaguardare rispetto al libero mercato. In passato si trattava delle rotte marittime commerciali per arrivare in tempi recenti al mercato dell'energia o delle telecomunicazioni. Una visione differenziata che ha regole diverse per combattere le spinte inflazionistiche dovute principalmente alla fine di un ciclo economico di crescita, ma che possono essere generate anche da altri fattori. Anche quindi l'analisi della genesi della spirale inflazionistica può essere soggetta a visioni diverse. Da noi, infatti, si contesta che l'aumento dell'inflazione in atto sia dovuta alle stesse ragioni che hanno portato allo stesso fenomeno negli USA. Si ritiene che qui ed in Europa esistano condizioni specifiche, non più soltanto macroeconomiche, tali da aver indotto un aumento del costo dei beni di consumo. Il principale fattore, dovuto ad aspetti di geopolitica (vedasi principalmente guerra in Ucraina e prima ancora pandemia), riguarda l'impennata dell'energia per effetto dell'eliminazione dal mercato dei prodotti (gas e petrolio) che arrivavano dalla Russia e le limitazioni relative alla circolazioni di cose e persone durante la pandemia. In questo quadro l'aumento del costo del danaro, in una fase per altro di sostanziale riallineamento del costo dell'energia dovuto alla sostituzione delle materie prime proveniente dalla Russia da altri mercati, certamente porterà ad una recessione che in Europa ed in Italia non avrà le stesse conseguenze previste negli Usa. In Italia la crescita economica è stata frutto di particolari contingenze realizzatesi solo negli ultimi anni, in controtendenza rispetto agli altri paesi dove il ciclo economico favorevole ha avuto un'espansione temporale rilevante. Invertire il ciclo della crescita economica in Italia per controllare o ridurre l'inflazione può avere realmente risultati disastrosi. In fondo negli anni passati, si pensi al primo boom economico italiano degli anni 60 e poi a quello della seconda metà degli anno 80, la crescita economica nazionale, anche impetuosa, è sempre stata accompagnata da una inflazione a doppia cifra che non ha mai comportato conseguenze negative per l'economia nazionale. Lo stato italiano è sempre stato in grado di sostenere la necessità di finanziare il debito pubblico con un mercato obbligazionario interno con una vocazione fideistica verso i titoli di stato. I costi dei beni di consumo aumentati hanno sempre consentito altrettanti aumenti dei salari ed una certa competizione dei prodotti nazionali, in termini di qualità, rispetto ai concorrenti stranieri soprattutto se all'estero l'inflazione risulti elevata secondo i livello globali. In altri termini quando l'inflazione è elevata a livello globale la nostra particolare economia nazionale può trarre giovamento anche se sul territorio nazionale l'inflazione dovesse attestarsi sugli stessi livelli degli altri paesi. La nostra economia finanzia buona parte dello stato sociale attraverso una fiscalità che ha una componente essenziale sul cuneo fiscale che grava sul costo del lavoro e delle prestazioni di servizio a domanda individuale che possono aumentare in stretta correlazione con l'aumento dell'inflazione senza per questo avvertire le negatività di altri sistemi economici dove invece lo stato sociale è leggero ed alcuni settori, la sanità ad esempio, sono assicurati solo in termini generali per poi prevedere importanti partecipazioni economiche da parte degli interessati. Sono discussioni che mostrano come una soluzione globale può favorire alcuni contro altri e probabilmente una presa di coscienza di queste problematiche dovrebbe spingere a differenziare le scelte Europee rispetto a quelle globali comprese quelle prese negli USA.

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